8 marzo, oltre 1 medico su 2 è donna ma solo il 17% occupa posti apicali
8 marzo, oltre 1 medico su 2 è donna ma solo il 17% occupa posti apicali

Anaao alle istituzioni, 'un impegno concreto a sostegno di una parità nelle retribuzioni e nelle carriere realmente raggiungibile' 

In Italia le donne medico sono il 53,5%, in prevalenza under 45, ma solo il 17% occupa posti apicali. E' la fotografia scattata in occasione della Giornata internazionale dei diritti della donna, che si celebra l'8 marzo, dall'Anaao Assomed, il sindacato dei medici dirigenti del Ssn, che rivolge un appello alla presidente del Consiglio dei ministri, alle ministre e alle parlamentari affinché "garantiscano un impegno concreto a sostegno di una parità nelle retribuzioni e nelle carriere realmente raggiungibile, di politiche a favore della conciliazione lavoro–famiglia, della flessibilità degli orari di lavoro, di nuovi modelli organizzativi in sanità".

"Il sorpasso delle donne medico è decretato sicuramente dai numeri, che da soli dovrebbero indurre a cambiare radicalmente rotta - rimarca il sindacato - La percentuale di dirigenti medici donna è cresciuta progressivamente negli ultimi anni, passando dal 38,4% del 2010 al 53,5% del 2024, con una prevalenza del genere femminile nelle classi di età under 45. Tra le regioni, solo in Sardegna le 'mediche' sono la maggioranza. Parità quasi raggiunta anche in Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Lazio, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Umbria, Marche, Abruzzo. E' nelle regioni meridionali che, sul totale degli iscritti, la maggioranza è maschile".

La nota dolente per l'Anaao è che quando si parla si carriera, invece, i numeri scendono. "Tra i direttori di struttura complessa - riporta il sindacato - solo il 17,2% è di sesso femminile (contro 82,8% maschi), percentuale che sale al 34,7% (contro 63,3% maschi) per le strutture semplici. Nell'area universitaria delle scienze mediche, le donne ordinario (nel 2020) ricoprono il 19,3% delle posizioni, le associate il 33% e le ricercatrici circa il 40-55 %".

Le specializzazioni più scelte dalle donne sono neuropsichiatria infantile, pediatria e oncologia medica

"Con riferimento alle scuole di specializzazione (dati Conto annuale 2021) - analizza ancora l'Anaao - le donne sono presenti con varie percentuali in tutte le specializzazioni. Solo in 5 specialità sono al di sotto del 20%, ma sopra il 14% (medicina dello sport, cardiochirurgia, ortopedia, chirurgia maxillo-facciale e urologia). Le specializzazioni più scelte dalle donne sono: neuropsichiatria infantile (75,9%), pediatria (71%), oncologia medica (62%), medicina fisica e riabilitazione (60,6%), genetica medica (60,2%), medicina di comunità e delle cure primarie (58,4%) anatomia patologica (57,8%), ematologia (57,8%), ginecologia ed ostetricia (56,8%)".

"Si registra una forte presenza femminile in alcune discipline, in particolare per: l'area funzionale dei servizi: genetica medica con il 66,8% e scienza dell'alimentazione con il 64,6% - continua il sindacato - L'area funzionale di medicina: neuropsichiatria infantile con l'80,1% e pediatria con il 73,3%. L'area funzionale di chirurgia è rappresentata all'opposto da donne solo per il 28,3% in chirurgia generale nel Ssn, per il 20% degli specialisti in cardiochirurgia, per il 17,1% degli specialisti in ortopedia, e il 16,6% in urologia".

"La fotografia di questo 8 marzo - commenta Sandra Morano, responsabile nazionale Area Formazione femminile Anaao Assomed - ripropone purtroppo la stessa situazione, acuita dal post pandemia: le mancate sostituzioni delle maternità all'interno del Ssn diventate una regola, un Ssn in cui definanziamento e decapitalizzazione del lavoro professionale hanno portato a un clima organizzativo fatto di demansionamento e mobbing, fattori di frustrazione capaci di portare anche al suicidio. Fatti che si aggiungono tragicamente alle cronache in casi di violenza sui sanitari e che le statistiche riportano tra le donne medico con frequenza maggiore rispetto alla popolazione generale. Subiamo un sistema sanitario che si guarda bene dal predisporsi ad accogliere il sorpasso di genere, negando il riconoscimento, formale e sostanziale, di un lavoro sempre più gravoso e rischioso, in particolare per le mediche".

 


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