Ricerca: Telethon, svelato meccanismo chiave in sindrome rene policistico

Studio apre la strada a nuove terapie, identificato candidato farmaco 

Milano, 25 mar. (Adnkronos Salute) - Dalla ricerca italiana arrivano nuove speranze di cura contro la sindrome del rene policistico, una delle malattie genetiche più comuni, che colpisce secondo le stime circa 12 milioni di persone nel mondo e 60 mila solo in Italia. Un meccanismo biologico chiave all'origine della patologia è stato scoperto all'Irccs San Raffaele di Milano da un team coordinato da Alessandra Boletta, responsabile dell'Unità basi molecolari delle malattie cistiche renali dell'Istituto Telethon Dulbecco. Grazie allo studio, pubblicato su 'Nature Medicine', gli scienziati hanno dimostrato che il difetto di uno dei due geni associati alla sindrome (gene PKD1) si traduce in un'alterazione del metabolismo degli zuccheri. Questo meccanismo difettoso rappresenta dunque un bersaglio terapeutico, e i ricercatori hanno già identificato un candidato farmaco promettente.

L'ADPKD o rene policistico è una malattia genetica autosomica dominante. Si tratta di una patologia cronica e progressiva, caratterizzata dalla formazione in entrambi i reni di cisti che si espandono per numero e dimensioni durante tutta la vita del paziente. L'espansione delle cisti comprime il tessuto renale sano fino a sostituirlo, causando la perdita di funzionalità dell'organo. Attualmente la dialisi e il trapianto sono gli unici interventi in grado di ritardare o fermare la malattia.

Studi precedenti avevano già dimostrato che la sindrome del rene policistico è causata dalla perdita di funzione di uno dei due geni PKD1 o PKD2. Osservando il terreno di coltura su cui erano state poste cellule di topo private del gene PKD1, e utilizzando una tecnica innovativa chiamata metabolomica (analisi di tutte le sostanze prodotte da un campione di cellule), Boletta e colleghi hanno scoperto che il problema delle cellule malate riguarda un utilizzo scorretto del glucosio durante la glicolisi, cioè la via metabolica attraverso cui una cellula produce energia. Più precisamente i ricercatori hanno osservato che, pur in presenza di ossigeno, le cellule mutate utilizzano il tipo di glicolisi che normalmente scatta in assenza di ossigeno (glicolisi anaerobica). I dati analizzati hanno quindi suggerito che il gene PKD1 regola la glicolisi anaerobica, e che molecole in grado di bloccarne il funzionamento potrebbero essere usate per combattere le cellule responsabili della formazioni di cisti nel rene dei pazienti. (segue)

(Adnkronos Salute) - Per testare la possibile efficacia di molecole in grado di interferire con la glicolisi, Boletta e il suo gruppo hanno somministrato in un modello di topo un composto analogo al glucosio, il 2-deossi-glucosio (2DG), in modo da provare a ingannare le cellule difettose. Hanno così osservato che questa sostanza è in grado di diminuire in modo significativo non solo il peso totale del rene, ma anche l'espansione delle cisti e la crescita delle singole cellule che fiancheggiano le cisti. Inoltre, si è visto che utilizzando il composto aumenta il tessuto renale che si mantiene normale e funzionante. Questa scoperta suggerisce che il 2DG, già ben tollerato dall'uomo e in fase di test clinico per altre patologie, potrebbe essere utilizzato a scopo terapeutico.

"La scoperta - riassume Boletta in una nota - ci ha permesso di identificare la glicolisi anaerobica nel gene mutato PKD1, quale possibile concausa della malattia dell'ADPKD. Potremmo aver intrapreso la strada giusta per trovare, in futuro, una terapia poco invasiva, con effetti collaterali ridotti per questa malattia debilitante, cronica, a progresso lento e che obbliga i pazienti a terapie molto lunghe con un impatto importante sulla qualità della vita".

Questi risultati, frutto della ricerca di Boletta, Isaline Rowe, Marco Chiaravalli, sono stati anche brevettati da Fondazione Telethon e ospedale San Raffaele, con l'obiettivo di attrarre partner industriali con cui sviluppare eventuali terapie a beneficio dei pazienti affetti da ADPKD. Lo studio è stato possibile grazie a finanziamenti di Telethon-Italy; Us National Institutes of Health Grants; Johns Hopkins Polycystic Kidney Disease Research and Clinical Core Center, e Canadian Institutes for Health Research Grant.

 


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