Aids, tecnica italiana riconosce virus dormiente in bimbi e sospende terapia
Aids, tecnica italiana riconosce virus dormiente in bimbi e sospende terapia

Messa a punto dal Bambino Gesù con il Mit di Boston, consentirà di avviare la sperimentazione su piccolo pazienti 

Ogni anno nel mondo si registrano 150mila nuove infezioni pediatriche da Hiv, per un totale di circa 1,7 milioni di bambini con infezione da Hiv. Alla vigilia della Giornale mondiale contro l'Aids, l'ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma annuncia la messa a punto, insieme al Mit di Boston, di una nuova procedura diagnostica "in grado di caratterizzare la carica virale residua presente nei pazienti, individuando quei bambini in cui il residuo virale risulta dormiente e quelli in cui tale residuo comporta, se non adeguatamente trattato, un rischio di recidiva della malattia", spiega l'ospedale del Vaticano in una nota.

I risultati di questa nuova procedura verranno presentati nella prossima edizione della Conference on Retroviruses and Opportunistic Infection, che si terrà a Seattle, Usa, il prossimo mese di febbraio. "Grazie ai risultati ottenuti dai due studi condotti dal Bambino Gesù, è ora possibile determinare le caratteristiche della riserva virale dei bambini con infezione verticale da Hiv, individuando se il virus ancora presente nelle loro cellule abbia o meno la capacità di replicarsi, cioè se sia dormiente o attivo - afferma Paolo Palma, responsabile dell'unità di ricerca di Immunologia clinica e vaccinologia dell'ospedale - Nei bambini in cui tale riserva si rivela completamente dormiente, è possibile procedere alla sospensione terapeutica. Un traguardo inseguito da anni da medici e ricercatori che si occupano di Hiv".

Nel corso del 2023, al Bambino Gesù partirà una sperimentazione già approvata dal Comitato etico dell'ospedale, che consentirà per la prima volta la sospensione terapeutica nei bambini la cui analisi del residuo virale riveli solo la presenza di virus dormiente. Attualmente presso l'ospedale sono seguiti circa 100 bambini e ragazzi con infezione da Hiv, quasi tutti con infezione verticale.

Con carica virale residua, o riserva virale - ricorda il Bambino Gesù - si indica quella quantità di virus che rimane in alcune cellule (Cd4) presenti sui linfociti T delle persone con infezione da Hiv. Ancora oggi rappresenta il principale ostacolo alla completa guarigione: la presenza del residuo, infatti, è ciò che rende necessaria l'assunzione di una terapia antiretrovirale per tutta la vita. Nei bambini che hanno ereditato il virus dalla madre (infezione verticale) e che hanno iniziato la terapia antiretrovirale precocemente, la quantità di questo residuo è ridotta. Tuttavia, per capire le reali possibilità di cura è fondamentale una procedura diagnostica - la caratterizzazione cellulare del residuo - che richiede il prelievo di una notevole quantità di sangue, spesso difficoltoso trattandosi di bambini.

Per superare il problema delle ridotte quantità di sangue prelevabili da un bambino, i ricercatori delle aree di Immunologia clinica e vaccinologia diretta da Paolo Palma e di Infezioni complesse e perinatali diretta da Stefania Bernardi, in collaborazione con l'unità di Medicina trasfusionale del Bambino Gesù, hanno studiato l'applicazione di una procedura con cui ottenere una quantità ottimale di cellule pronte per la caratterizzazione. Si tratta della leucoaferesi che, attraverso un apposito macchinario, consente di prelevare solamente i globuli bianchi, reimmettendo poi in circolo il resto del sangue. Il procedimento è risultato sicuro per i piccoli pazienti ed efficace, con una resa cellulare fino a 250mila volte maggiore rispetto alle tradizionali tecniche di prelievo.

Il materiale cellulare ottenuto con la leucoaferesi ha quindi consentito a medici e ricercatori del Bambino Gesù di eseguire una nuova caratterizzazione molecolare della riserva virale in collaborazione con il laboratorio di Mathias Lichterfeld del Mit di Boston, tra i massimi esperti mondiali in questo campo. In questa ricerca è stata indagata la risposta immunitaria protettiva associata alle specificità della riserva virale del singolo paziente: attraverso la caratterizzazione e la tipizzazione del virus residuo è stato così possibile individuare i bambini in cui tale riserva è dormiente e quelli in cui tale riserva comporta, se non adeguatamente trattata, un rischio di recidiva della malattia.

 


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