Covid, in acque reflue varianti intercettate fino a 2 settimane prima, lo studio
Covid, in acque reflue varianti intercettate fino a 2 settimane prima, lo studio

Lo spiega un team di scienziati dell'University of California San Diego, in uno studio di cui 'Nature' fornisce un estratto prima della pubblicazione finale 

Lo ha dimostrato l'ultima sottovariante di Omicron, BA.2.75, finita sotto i riflettori in questi giorni per la crescita rapida osservata in India: Sars-CoV-2 continua a diffondersi ed evolversi, 'sfornando' nuove versioni in maniera molto veloce. In questo quadro, "rilevare precocemente le varianti emergenti è fondamentale per gli interventi di sanità pubblica", secondo gli esperti. Ma come fare? Visto che "dedurre la prevalenza di un lignaggio mediante test clinici non è fattibile su larga scala, specialmente in aree con risorse, capacità di test-sequenziamento e livelli di partecipazione limitati", la risposta potrebbe essere nelle 'fogne', o meglio nel sequenziamento delle acque reflue. Con la strategia giusta, si potrebbe arrivare a "intercettare eventuali varianti di preoccupazione emergenti fino a 14 giorni prima" rispetto alla sorveglianza clinica. E' quanto spiega un team di scienziati dell'University of California San Diego, in uno studio di cui 'Nature' fornisce un estratto prima della pubblicazione finale.

"La concentrazione di Rna di Sars-CoV-2 nelle acque reflue permette di seguire con successo la dinamica dell'infezione regionale e fornisce stime" sulle quantità di presenza del virus "meno distorte rispetto ai test clinici", osservano gli autori Smruthi Karthikeyan, Joshua I. Levy e colleghi. "Il monitoraggio delle sequenze genomiche dei virus nelle acque reflue migliorerebbe le stime della prevalenza" dell'infezione "nella comunità e rileverebbe le varianti emergenti. Tuttavia, due fattori limitano la sorveglianza genomica basata" su questa modalità: "Dati di sequenza di bassa qualità e incapacità di stimare l'abbondanza relativa del lignaggio" virale "in campioni misti", elencano.

Gli scienziati dell'ateneo Usa spiegano di essere riusciti a risolvere questi problemi cruciali e di aver 'testato' la strategia "nell'ambiente controllato di un grande campus universitario", quello dell'università della California a San Diego (Ucsd), "e nel contesto più ampio della contea circostante", dove è stato messo in campo uno "sforzo di sequenziamento clinico e delle acque reflue ad alta risoluzione di 295 giorni". Sviluppando migliori protocolli di concentrazione dei virus e software che risolvono completamente più ceppi di virus dalle acque reflue, gli autori sono stati in grado di "rilevare varianti emergenti di preoccupazione fino a 2 settimane prima nei campioni di acque reflue e identificare più elementi di diffusione del virus non 'catturati' dalla sorveglianza genomica clinica".

Nel dettaglio gli esperti hanno applicato la sorveglianza delle acque reflue nel campus, in parallelo con la sorveglianza genomica da tamponi nasali nella comunità locale, da novembre 2020 a settembre 2021: quindi 10 mesi "che catturano efficacemente" i 'movimenti epidemici nella regione "causati dalle tre principali varianti di preoccupazione" circolate in quel periodo negli Usa, e cioè Epsilon, Alfa e Delta.

Gli scienziati spiegano poi di aver studiato anche, in una più recente raccolta di dati da settembre 2021 a febbraio 2022, anche la trasmissione della variante Delta e la rapida diffusione della variante Omicron e dei suoi sottolignaggi.

Con l'approccio usato per la sorveglianza delle acque reflue, rimarcano, "abbiamo ottenuto una copertura del genoma vicina al 95% anche per campioni con bassa carica virale", dato più alto del 40% o meno ottenuto in studi precedenti. "Un progresso chiave", concludono.

 


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