Psicologia: criminologa su femminicidi, serve riconoscere prima vittime

'Necessario formare gli operatori sociali, sanitari e forze di polizia' 

Roma, 14 apr. (Adnkronos Salute) - Individuare prima le possibili vittime di femminicidio, riconoscendo per tempo i campanelli d'allarme e i segni della violenza psicologica e affettiva che nella maggior parte dei casi precede l'atto estremo. Una sfida difficile, ma necessaria, che parte dalla formazione degli operatori sanitari, quelli dei servizi sociali e le stesse forze di polizia. E' la proposta di Cinzia Mammoliti, criminologa, esperta di violenza di genere, a commento dell'omicidio di una donna a Terni, uccisa a martellate dal marito dal quale si stava separando.

Nella maggior parte dei casi, "l'omicidio è l'atto estremo di disperazione. Un momento che coincide spesso con la separazione e con il timore di perdere l'oggetto del proprio amore malato. Dietro queste relazioni c'è sempre una storia di abuso psicologico. Ci sono campanelli d'allarme. Il femminicidio è la punta dell'iceberg: dietro c'è un retroterra che pochi conoscono", spiega all'Adnkronos Salute Mammoliti, convinta anche che in questi casi non manchi il rischio di emulazione. (segue)

(Adnkronos Salute) - Le donne vittime degli abusi psicologici protratti "vivono una situazione di violenza continua, non necessariamente fisica - dice l'esperta autrice del libro 'Il manipolatore affettivo e le sue maschere' (Sonda editore), in cui traccia l'identikit di 10 tipologie di 'abusanti' e fornisce le indicazioni per riconoscerli - Vivono un'esperienza di molestie morali, denigrazioni, umiliazioni, o vengono semplicemente ignorate. Una modalità tipica, quest'ultima: si ignorano le esigenze dell'altro per annichilirlo. Poi, quando una donna molla e se ne vuole andare viene, l'idea di distruggere l'oggetto che si vuole sottrarre è quasi automatica ".

Per l'esperta "è necessario fare qualcosa per fornire indicatori seri, ed è il lavoro che stiamo cercando di fare con altri operatori del settore in tutta Italia. Questo per dare una maggiore possibilità non solo alle vittime, ma anche per fornire a chi le deve tutelare gli strumenti per aiutarle. Le donne, infatti, sono spesso anche vittime un mancato ascolto da parte delle strutture che dovrebbero difenderle: forze dell'ordine, operatori sanitari, assistenti sociali. Si conosce poco il fenomeno, perché trattato poco. Viene gestito in un modo superficiale. 'Addestrando' operatori a riconoscere le vittime di violenza, forse assisteremo a meno fenomeni di questo tipo e riusciremo a fare una reale prevenzione".

 


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