Psichiatria: Mencacci (Sip), mai più giustificazioni a femminicidi

 

Roma, 21 nov. (Adnkronos Salute) - "Non accettare più nessuna giustificazione psichiatrica nei casi di femminicidio. È quanto la Società italiana di psichiatria (Sip) propone alle associazioni dei magistrati e alle istituzioni, affinché il ricorso alla perizia psichiatrica sia effettuato solo in casi eccezionali". Lo afferma Claudio Mencacci, presidente della Società italiana di psichiatria e direttore del Dipartimento di salute mentale ospedale Fatebenefratelli di Milano, a margine dell’evento 'Quanto Costa il Silenzio?' oggi a Roma, in occasione della Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne del 25 novembre.

La proposta arriva "sulla scorta di diversi dati, tra i quali quelli dell'Istituto europeo di ricerche economiche e sociali (Eures), che dimostrano che in oltre 400 casi, solo il 3,6 % degli uomini che hanno ucciso una donna erano portatori di una malattia mentale. Nella stragrande maggioranza dei casi ci troviamo, infatti, davanti a uomini che hanno comportamenti violenti, aggressivi, prepotenti, semplicemente una personalità antisociale ed egoistica, che non tollerano la possibilità per la donna di operare scelte diverse e autonome".

"La Sip dichiara quindi in maniera forte il no al riconoscimento di di una patologia legata ad un crimine così odioso. Questa vuole essere la conferma della richiesta di attenzione, prevenzione ma anche di repressione particolarmente severa nei confronti degli uomini autori di questo tipo di reato. Troppo spesso, infatti, ricorrendo a giustificazioni psicopatologiche che non hanno nessun fondamento, questi assassini si vedono rapidamente ridotte, nei diversi gradi di giudizio, le pene che erano state comminate. Con questa dichiarazione gli psichiatri italiani non vogliono fornire, in nessun modo – e lo dicono con chiarezza – una pur minima sponda o giustificazione a crimini che sono da sempre odiosi, ma che finalmente la nostra società sta imparando a riconoscere come tali. Anche se c’è ancora molto lavoro da fare. Polizia, carabinieri, magistrati, giudici, operatori devono sempre e comunque mettere in sicurezza le donne, potremmo chiamarla 'sicurezza preventiva' - conclude - È il loro dovere".

 


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