Tumori: oncologo, prevenzione chiave ma 1 su 2 non si presenta a screening colon-retto

All'Asco studio su effetti chemio più aggressiva insieme a molecola affama-cancro 

Chicago, 3 giu. (Adnkronos Salute) - La prevenzione rimane il modo migliore per proteggersi dal cancro. Eppure, nonostante la consapevolezza ormai diffusa dell'importanza della diagnosi precoce, "una persona su due che riceve la chiamata per il test del sangue occulto delle feci, che può essere spia di un tumore del colon, non si presenta. E questo avviene un po' in tutt'Italia, non solo al Sud, dove gli screening sono a macchia di leopardo", spiega Alfredo Falcone, direttore del Polo oncologico dell'Azienda ospedaliera universitaria di Pisa, dal 50esimo congresso della Società americana di oncologia clinica (Asco), che si chiude oggi a Chicago.

Il cancro del colon-retto è una delle forme più diffuse al mondo, con oltre 1,2 milioni di nuovi casi diagnosticati ogni anno, 55 mila solo in Italia nel 2013. Oltre alla familiarità, gli stili di vita contribuiscono ad aumentare il rischio di ammalarsi: il consumo di carni rosse, molto o poco cotte, e insaccati, farine e zuccheri raffinati, ma anche a sovrappeso e ridotta attività fisica, oltre che il fumo e l'abuso di alcol, ricorda l'esperto. Questo tumore si conferma anche uno dei più mortali. In particolare, per i pazienti con specifiche mutazioni (Ras e Braf), circa il 7-8% dei casi, con malattia piuttosto aggressiva, si possono "ottenere risultati migliori - afferma Falcone - rispondendo in maniera più decisa, con una combinazione di tre chemioterapici (Folfoxiri) e un farmaco antiangiogenico (bevacizumab)", che taglia le vie di nutrimento al tumore.

Secondo i risultati di uno studio coordinato dal Polo oncologico pisano e presentato all'Asco, questo approccio terapeutico, basato sull'"intensificazione della chemioterapia iniziale - sottolinea - permette di ottenere una maggiore riduzione della massa tumorale, di ritardare la progressione della malattia e di prolungare la sopravvivenza dei pazienti rispetto alla terapia standard. E questo indipendentemente dalla presenza di mutazioni di Ras e Braf. Il trattamento è più tossico e non è indicato per tutti i pazienti, ma deve essere l'oncologo medico, sulla base delle caratteristiche cliniche del paziente e di quelle del tumore, a valutare quando può rappresentare l'opzione terapeutica migliore", conclude.

 


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