Sanità: Simti, in Italia sangue trasfuso sicuro, garantire trasfusioni

Venerdì è giornata mondiale dedicata a donazioni 

Roma, 12 giu. (Adnkronos Salute) - "Oggi in Italia possiamo garantire, per quanto concerne il sangue trasfuso e i sui derivati, un livello di sicurezza che è tra i migliori al mondo. La sfida è passare alle trasfusioni sicure, ovvero dalla sicurezza del prodotto alla sicurezza del sistema, riducendo al minimo fisiologico anche gli errori che si possono commettere in tutto il percorso trasfusionale". Ad affermalo è Claudio Velati, presidente della Società italiana di medicina trasfusionale e immunoematologia (Simti) in occasione del 'World blood donor day', ovvero la Giornata mondiale dedicata alla donazioni di sangue che si celebra venerdì 14 giugno.

"Su ogni unità di sangue prelevata si effettuano rigorosissimi controlli con test virologici - aggiunge Velati - e a questo si aggiunge un controllo attentissimo anche di tutta la filiera, dal momento della donazione a quello della trasfusione. Ogni unità di sangue è tracciata, per cui noi siamo in grado di risalire, a distanza anche di trent’anni, sia al donatore che al soggetto a cui quel sangue è stato trasfuso. Il cosiddetto rischio residuo - spiega - ovvero l’umana impossibilità di eliminare in modo assoluto qualunque rischio, è rappresentato per le trasfusioni dalla probabilità che una infezione virale 'nota' non sia evidenziata dai test, probabilità che oggi in Italia è, mediamente, inferiore 1 su un milione di casi".

Secondo Francesco Fiorin, primario del Servizio trasfusionali di San Donà di Piave e membro del Direttivo Simti "uno degli aspetti più critici del percorso trasfusional risiede nell’errore umano e, in particolare, nelle procedure della identificazione certa del paziente in reparto, il che può portare ad un errore nell’abbinamento sacca di sangue-paziente. I casi - osserva - non sono poi così rari, questo tipo di errore si colloca al nono posto come frequenza tra gli eventi sentinella seguiti in Italia dal ministero della Salute, e può essere fatale per il malato". (segue)

(Adnkronos Salute) - "Questa è certamente un area in cui possiamo migliorare e abbassare ulteriormente il tasso di errore umano. La strategia di intervento – precisa Fiorin - è duplice: da un lato i servizi trasfusionali devono avere un ruolo attivo nella gestione del processo trasfusionale che non si limiti alla sola fornitura di un prodotto, instaurando collaborazioni con le altre unità ospedaliere coinvolte e sostenendone l’operatività; dall’altro anche il paziente e i suoi famigliari devono essere coinvolti e responsabilizzati (attraverso materiale educativo creato all’uopo) ad un ruolo di controllo attivo".

“Infine – suggerisce Fiorin – l’errore, anche quando non produce conseguenze, non deve essere mai nascosto, ma immediatamente segnalato ed analizzato con spirito costruttivo. L’obiettivo non è, infatti, la colpevolizzazione di chi lo ha commesso, ma l’identificazione delle cause che l’hanno generato. In questo modo - conclude - attraverso una condivisione delle esperienza, è possibile rimuovere le cause e attivare i correttivi adeguati ad un miglioramento complessivo delle procedure adottate”.

 


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