Efficace gestire pazienti covid in ambulatori hotspot, studio italiano
Efficace gestire pazienti covid in ambulatori hotspot, studio italiano

Bilancio esperienza, esperti S.Raffaele 'alleggerito pronto soccorso e collaborato con medici famiglia, modello per futuro' 

Nell'autunno del 2020, all’inizio della seconda ondata della pandemia, a Milano nascevano alcuni dei primissimi ambulatori hot spot Covid-19 in Italia: un luogo in cui i malati a media intensità - i cosiddetti 'paucisintomatici' - potevano ricevere precocemente assistenza specialistica e terapie specifiche senza necessariamente essere ricoverati in ospedale. Un anno dopo l’introduzione di questo servizio, i medici dell'ospedale San Raffaele, che hanno coordinato uno studio su questa esperienza, pubblicano i risultati su 'Frontiers in Medicine'. Nel lavoro si riportano l'esperienza preliminare di gestione ambulatoriale dei pazienti Covid.

Lo studio è stato coordinato da Patrizia Rovere-Querini, direttrice del programma strategico di Integrazione ospedale-territorio e responsabile dell'hot spot Covid-19 dell’Irccs ospedale San Raffaele. Gli autori dello studio hanno generato inoltre un metodo 'evidence-based' di classificazione dei pazienti in gruppi di rischio di progressione di malattia, da poter fornire ai medici di medicina generale per identificare precocemente i pazienti che necessitano di valutazione urgente presso il pronto soccorso, ottimizzando così la gestione delle risorse. I risultati dello studio sono positivi, dimostrano "l'efficacia e la sostenibilità" di questo modello di gestione, che per gli esperti potrebbe essere uno di quegli strumenti da portare avanti.

Lo studio ha coinvolto 660 pazienti valutati tra l'1 ottobre 2020 e il 31 ottobre 2021. Di questi, 235 hanno effettuato due o più visite presso gli ambulatori. I pazienti sono stati inviati per la maggior parte dai medici di medicina generale (70%), in minor misura dai medici di pronto soccorso (21%) o da altri specialisti ospedalieri (9%). Tra i valutati in ambulatorio, solo il 18% è stato indirizzato in pronto soccorso per Covid grave necessitante ricovero ospedaliero, mentre il resto è stato gestito in ambulatorio e poi riaffidato al medico curante. "Questa nuova modalità di cura, modellata sui bisogni del paziente, è stata un successo - fa notare Rovere-Querini - L’augurio è che tutto ciò che abbiamo imparato durante questa pandemia non si perda. Potrebbe infatti essere riutilizzato per il paziente cronico, che necessita di monitoraggi e cure continuative, spesso da parte di medici specialisti in collaborazione con i medici di medicina generale".

Quando sono nati gli hotspot Covid il mondo della sanità era reduce dalla prima drammatica ondata del virus. "Il nostro obiettivo era quello di alleggerire il pronto soccorso e al tempo stesso rafforzare la medicina territoriale, duramente messa alla prova dalla pandemia", spiega Rovere-Querini. "Per questo abbiamo organizzato in pochi mesi un hot spot Covid che fosse un luogo di incontro diretto tra medici ospedalieri e del territorio, che potevano condividere casi clinici complessi o segnalare pazienti nelle fasi iniziali della malattia, prima che l'aggravarsi del quadro clinico ne richiedesse l'invio in pronto soccorso".

Esiste una zona grigia tra la gestione ospedaliera e quella domiciliare: quella in cui si collocano i pazienti con Covid moderato o con fattori di rischio per malattia severa, infatti, risiedono in una zona grigia. Non sempre i medici di medicina generale hanno gli strumenti per discriminare o gestire i pazienti che meritano un monitoraggio più attento e, d'altra parte, il ricovero al pronto soccorso può causare un sovraffollamento eccessivo e la saturazione dei letti d'ospedale. "Una valutazione accurata del paziente - prosegue la professoressa - in un contesto ambulatoriale ospedaliero può colmare questa lacuna, consentendo una classificazione tempestiva del rischio, indirizzando il paziente verso le cure più adeguate", prosegue la professoressa.

Dopo la prima valutazione clinica (raccolta dettagliata dell’anamnesi, esame obiettivo completo, misurazione di parametri vitali e antropometrici) e i primi esami diagnostici - ecografia polmonare, elettrocardiogramma, esami ematochimici ed emogas-analisi arteriosa - i pazienti possono essere dimessi e reindirizzati alle cure del medico di base, o inviati al pronto soccorso in caso di Covid-19 severo, o essere inseriti in un programma di follow-up nell’ambulatorio per ulteriori visite di monitoraggio. La sorveglianza attiva prosegue fino a stabilizzazione della malattia o completa guarigione.

 


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