Simi, ogni anno nuovo ricovero per 3 mln di malati 'curati a pezzi'
Simi, ogni anno nuovo ricovero per 3 mln di malati 'curati a pezzi'

Gli internisti, sprechi per 21 miliardi, visione d'insieme ormai prioritaria per sostenibilità Ssn 

Curati 'a pezzi'. Visti, di volta in volta, dal cardiologo o dal neurologo, dal diabetologo o dallo pneumologo. Pazienti con patologie croniche, spesso più di una, che non essendo gestiti in maniera globale vanno incontro a riacutizzazioni che li portano in pronto soccorso. Solo il 17% dei 20 milioni di italiani che ogni anno accedono a un dipartimento di emergenza e urgenza viene infatti ricoverato in un reparto di medicina interna: 3,5 milioni di pazienti, ma di questi ben 3 milioni arrivano in ospedale perché una patologia cronica si è riacutizzata a causa di una gestione clinica troppo frammentaria.

A delineare il fenomeno gli esperti riuniti 119° Congresso nazionale della Società italiana di medicina interna (Simi) - a Roma da oggi a domenica - secondo i quali una gestione assistenziale diversa, grazie a specialisti della complessità che mantengano una maggior visione d’insieme dei pazienti, stia diventando prioritaria per la sostenibilità del Sistema sanitario nazionale. "Le malattie croniche non trasmissibili - spiega Franco Perticone, presidente Simi - sono la nuova emergenza sanitaria: in Italia sono responsabili del 92% dei decessi, con una maggiore rilevanza delle patologie cardiovascolari (41%) e dei tumori (28%) e del diabete (6-8%). Riguardano inoltre un numero sempre più ampio di persone, anche giovani visto che ben 1,5 milioni di 45-55enni deve già convivere con patologie plurime".

Purtroppo, continua, "l'età a cui si comincia a dover combattere contro problemi da cui non si guarisce si sta abbassando sempre più. Il numero di persone da seguire in maniera strutturata, individuando priorità di intervento senza perdere di vista la complessità del caso, è perciò in continuo aumento: a 40 anni dall’istituzione del Servizio sanitario nazionale è indispensabile rivedere le strategie di gestione assistenziale e migliorarne l’efficienza alla luce del cambiamento epidemiologico in atto". Nel 2017 la spesa sanitaria pubblica è stata di oltre 113 miliardi di euro, ma ben il 19%, pari a oltre 21 miliardi, è imputabile a sprechi e inefficienze: senza una gestione dei pazienti più globale e strutturata gli esperti ritengono che queste cifre siano destinate inevitabilmente a salire.

"Oggi la maggior parte dei pazienti cronici è affetta da più patologie la cui interazione produce condizioni cliniche complesse, una multi-morbilità che è associata all’incremento della disabilità, a una più bassa qualità di vita per il paziente, a un aumento del carico assistenziale per le famiglie e della spesa sanitaria complessiva – sottolinea Perticone – L’invecchiamento della popolazione ha portato a un progressivo aumento di pazienti cronici con frequenti riacutizzazioni che rendono indispensabile l’ospedalizzazione per la loro complessità: situazioni che non gestibili dal solo specialista d’organo, ma che necessitano della visone olistica dell’internista".

Questi pazienti, molto spesso complessi, negli attuali sistemi organizzativi degli ospedali - spiegano gli esperti - rimangono "di tutti e di nessuno": l’assistenza socio-sanitaria deve adeguarsi alle mutate esigenze epidemiologiche, concentrando l’attenzione sullo stato di salute e benessere complessivo della persona più che sulla singola malattia, sull’integrazione fra ospedale e medicina del territorio, sull’appropriatezza e sulla sostenibile gestione delle risorse.

Gli internisti italiani - ricorda la Simi - "sono gli specialisti delle diagnosi difficili, curano la persona e non le malattie e, sempre più, rappresentano il fulcro per la gestione intraospedaliera dell’ammalato e la continuità assistenziale post-dimissione. Sono perciò una risorsa per il Ssn anche perché possono rivalutare criticamente la politerapia, tipica del paziente cronico con multimorbilità e responsabile essa stessa di interazioni tra farmaci e di eventi avversi che generano ulteriori ospedalizzazioni e utilizzazione impropria di risorse. L’obiettivo prioritario dell’internista è costruire atti di cura non generici ma indirizzati al bisogno del singolo. Non puntiformi, ma che garantiscano un accompagnamento adeguato al modificarsi delle condizioni vitali e siano legati al raggiungimento di un risultato globale dello stato di salute del singolo, ma anche della collettività".

 


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