Oltre 400 detenuti sani di mente ogni anno in strutture psichiatriche
Oltre 400 detenuti sani di mente ogni anno in strutture psichiatriche

Allarme psichiatri, 'distorsione legislativa pericolosissima' 

Gravi nodi irrisolti in tema di salute mentale nelle carceri. La chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari (Opg) ha determinato difficoltà di applicazione della legge, sia per il mondo giuridico che per quello sanitario. "Se permane l'attuale trend, ogni anno oltre 400 persone provenienti dal carcere verranno inserite nelle strutture psichiatriche senza averne alcuna indicazione. Tutto questo su circa 8 mila pazienti 'veri', che ottengono una misura di sicurezza non detentiva nei Dipartimenti di salute mentale (Dsm) o detentiva nelle Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza (Rems)". Questi i numeri, "certamente sottostimati", ricavati dalla Società italiana di psichiatria analizzando la situazione dal mese di aprile 2019, diffusi in occasione del convegno nazionale della Società italiana di psichiatria (Sip), a Firenze fino al 23 giugno.

Detenuti mentalmente sanissimi, trasferiti in strutture di salute mentale a causa di "ordinanze giuridiche che pretendono di scaricare sulla sanità situazioni di disadattamento alla detenzione in carcere". Ordinanze "inaccettabili, che rischiano di compromettere i luoghi di cura della salute mentale che si trovano a dover gestire falsi pazienti sociopatici", sostengono gli psichiatri. Emblema di questa situazione sono i pazienti affetti dal 'disturbo antisociale di personalità' "che, quando diviene il tratto prevalente del reo, non dovrebbe comportare alcuna applicazione del vizio di mente ed essere confuso con una malattia".

Inoltre, secondo studi recentissimi, vi è un maggiore aumento di persone con disturbo antisociale di personalità nella cosiddetta 'generazione Z' (i nati dal 95 fino al 2012), che ha una maggiore predisposizione a sviluppare tali comportamenti, rispetto ai Millenniala (i nati tra l’81 e il '95) per il maggior isolamento relazionale e il più diffuso abuso di sostanze.

"La distorsione della funzione terapeutica delle residenze psichiatriche da parte di una certa magistratura - dice Enrico Zanalda, presidente della Sip e direttore del Dipartimento di salute mentale dell’Asl Torino 3 - è supportata da ordinanze d’inserimento in strutture psichiatriche senza" opportuni accertamenti. "Siccome il detenuto sostiene di stare male in carcere, viene spedito in psichiatria. Ma lo scopo di queste decisioni è di spostare una persona scomoda dal contenitore carcerario a un altro, attribuendo alla psichiatria un ruolo cautelativo custodiale perso da tempo".

"Sta insomma passando in modo insidioso - aggiunge Salvatore Varia, vicepresidente della Sip e direttore di Unità complessa di psichiatria nel Dipartimento di salute mentale dell’Azienda sanitaria provinciale di Palermo - l'idea che la psichiatria non debba solo curare, ma anche prevenire la reiterazione dei reati e gli psichiatri debbano trasformarsi in educatori degli autori di reato con disturbi psichici". Inoltre, i 'falsi infermi' sono più facilmente dichiarati da periti che non hanno mai lavorato nei servizi di salute mentale e, quindi, non sarebbero idonei a valutare queste situazioni, sostengono gli esperti.

Cosa fare, allora? "Se da un lato dobbiamo incrementare i percorsi di cura per i pazienti autori di reato trattabili clinicamente, dall’altro bisogna riservare alle persone con prevalente sociopatia dei percorsi carcerari rieducativi, almeno sino a che non si decidano a collaborare. Credo - conclude Zanalda - sia dovere della comunità scientifica che rappresento, ribadire il ruolo medico-terapeutico della psichiatria e prendere le distanze rispetto alla tendenza di riattribuirci un ruolo custodialistico".

 


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