Medici italiani sul Bmj, 'più protezione e test rapidi in ospedale'
Medici italiani sul Bmj, 'più protezione e test rapidi in ospedale'

British Medical Journal pubblica una lettera a firma del presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e odontoiatri (Fnomceo) 

Il grido d'allarme dei medici italiani nell'emergenza coronavirus 'approda' sulle pagine del British Medical Journal, che pubblica una lettera a firma del presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e odontoiatri (Fnomceo) Filippo Anelli a nome di tutti gli Ordini dei medici italiani. Una missiva nella quale si denuncia soprattutto "l'inadeguatezza del modello ospedalo-centrico per far fronte ad epidemie di questa portata". E si propongono alcune soluzioni, quali lo sblocco immediato delle forniture di dispositivi di protezione individuale ma anche l'esecuzione di test a risposta rapida in maniera sistematica per lo meno a tutti gli operatori sanitari operanti nel pubblico e nel privato.

"L'Italia sta vivendo una situazione drammatica a causa della diffusione dell'infezione da Covid-19 e i professionisti sanitari stanno pagando un tributo molto alto", denunciano i medici italiani, aggiungendo che "è lecito supporre questi eventi sarebbero stati in larga parte evitabili se fossero stati correttamente informati e dotati di sufficienti dispositivi di protezione individuale adeguati".

"La nostra proposta immediata - per consentire di far fronte all’epidemia e una ripresa almeno parziale dell’erogazione delle prestazioni essenziali almeno ai soggetti più vulnerabili garantendo un’adeguata protezione non solo agli utenti ma anche agli operatori sanitari - consiste nello sbloccare immediatamente e senza ritardi le forniture di dispositivi di protezione individuale ma anche di eseguire test di screening a risposta rapida in maniera sistematica per lo meno a tutti gli operatori sanitari operanti nel pubblico e nel privato - inclusi i medici di medicina generale e operatori di case di riposo o Rsa, centri diurni - che mostrano sintomi di infezione da Covid-19 (anche lieve e in assenza di febbre) o che sono stati in contatto con casi sospetti o confermati", spiega Anelli.

“Lo screening - spiega Anelli - deve avvenire mediante test a risposta rapida validati, registrati presso il ministero della Salute italiano - che presentano un’abilità del 100% di rilevare i casi negativi (altissima specificità) e rendono disponibile il risultato entro 15 e 45 minuti. In questo modo soltanto il personale risultato negativo potrà continuare a lavorare in ospedale, ambulatori o strutture di assistenza domiciliare e a lungo termine per le persone anziane e pazienti critici. I test a risposta rapida dovranno essere confermati eseguendo tamponi faringei con analisi Pcr in doppio controllo settimanale. Soltanto così si potrà finalmente avviare, sia pure in ritardo, una fase più controllata dell’attuale andamento epidemico”.

Una missiva, quella dei medici, che arriva mentre aumenta il numero degli operatori sanitari contagiati: ieri, secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, erano saliti a 6.205, ovvero più del 9% dei casi totali. Si allunga purtroppo anche l’elenco dei medici che non ce l’hanno fatta: ai 33 riportati sul sito Fnomceo se ne sono aggiunti altri 3 ieri, tutti di Bergamo. "Sono dati peggiori di quelli registrati in Cina che si è fermata a 3300 sanitari contagiati e 23 decessi", commenta Anelli.

Per i medici italiani dunque "questi eventi sarebbero stati in larga parte evitabili se gli operatori sanitari" avessero avuto a sufficienza "mascherine, guanti, camici monouso, visiere di protezione, che invece continuano a scarseggiare o ad essere centellinati in maniera inaccettabile nel bel mezzo di un’epidemia a cui pure l’Italia si era dichiarata pronta solo a fine due mesi fa".

"È da queste considerazioni - spiega Anelli - che siamo partiti per lanciare il nostro appello e le nostre richieste dalle pagine del British Medical Journal affinché possano farne esperienza e trarne le dovute indicazioni anche tutti i colleghi delle diverse parti del mondo dove ancora ci sono margini di tempo per prepararsi. In particolare abbiamo voluto sottolineare l'inadeguatezza del modello ospedalo-centrico per far fronte ad epidemie di questa portata, com’è diventato evidente dopo la chiusura di interi ospedali in Italia per la diffusione dell'infezione tra medici, infermieri e pazienti".

"Errore fatale è stato e in taluni casi rischia di continuare ad essere - prosegue Anelli - l’assenza di percorsi dedicati esclusivamente al coronavirus quanto ad accesso, diagnostica, posti letto e operatori sanitari. Inoltre, va chiarito che nessuna epidemia si controlla con gli ospedali, come si è forse erroneamente immaginato: è sul territorio che va espletata l’identificazione dei casi con test affidabili ma anche con rapidi kit di screening e la sorveglianza con la tracciabilità dei contatti, il monitoraggio e l’isolamento".

"Altrettanto tassative sono l’informazione, la formazione e la protezione adeguata di tutti gli operatori sanitari e in particolare di quelli più direttamente esposti sia per il controllo dell'epidemia - prosegue il presidente Fnoceo - sia per continuare a fornire tutte le cure necessarie alle persone con infezione da Covid-19, nonché per continuare a garantire le cure a tutti gli altri pazienti che necessitano di trattamenti a domicilio o in ospedale. In queste ore stanno emergendo situazioni di grave sofferenza proprio nelle persone più fragili e delle loro famiglie: penso ai bambini autistici privati delle attività nei centri diurni e degli interventi riabilitativi, ai pazienti psichiatrici o affetti da tumori, Sla ed altre malattie cronico-degenerative che hanno difficoltà a vedersi garantiti i servizi socio-sanitari essenziali”.

 


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