Iss, al via primo progetto su demenze tra immigrati in Italia
Iss, al via primo progetto su demenze tra immigrati in Italia

Diverse barriere culturali, religiose ed economiche possono limitare le richieste di aiuto medico 

"Stimare la prevalenza della demenza nella popolazione di immigrati e nelle minoranze etniche, descriverne caratteristiche e problematicità, valutare l'accesso e la presa in carico da parte dei servizi dedicati, favorire percorsi di cura adeguati". Questa la sfida da cui prende avvio 'ImmiDem' (Dementia in immigrants and ethnic minorities: clinical-epidemiological aspects and public health perspectives), il primo progetto dedicato specificamente a tale tematica in Italia, coordinato dall'Istituto superiore di sanità e finanziato dal ministero della Salute nell'ambito della Ricerca finalizzata 2016.

In Italia, il numero totale dei pazienti con demenza è stimato in oltre un milione (di cui circa 600 mila con demenza di Alzheimer) e circa 3 milioni sono le persone direttamente o indirettamente coinvolte nell'assistenza dei loro cari. "Da un lato si assiste a un progressivo allungamento dell'aspettativa di vita in tutto il globo - spiega Nicola Vanacore, del Centro nazionale per la prevenzione delle malattie e la promozione della salute dell'Iss - dall'altro è sotto gli occhi di tutti il crescente incremento dei flussi migratori dai Paesi in via di sviluppo verso i Paesi occidentali, che determina necessariamente una modifica nell'offerta sanitaria pubblica. E' infatti vero che, se l'aumentata aspettativa di vita sta conducendo a un drammatico incremento dei casi di demenza anche nei Paesi a basso e medio reddito, parallelamente le nazioni occidentali si confrontano sempre di più con l'insorgenza di varie forme di demenza in soggetti immigrati o appartenenti a minoranze etniche".

Nel tentativo di comprendere al meglio i cambiamenti in corso nell'attuale "scenario della demenza - prosegue il ricercatore - nasce il nostro progetto. Anche perché, in queste specifiche categorie di individui, la gestione del fenomeno presenta delle complessità aggiuntive, a vari livelli".

"Innanzitutto - analizza Vanacore - diverse barriere culturali, religiose ed economiche possono limitare e posticipare la ricerca di aiuto medico da parte degli anziani con disturbi cognitivi, e ciò contribuisce molto probabilmente alla sottodiagnosi e dunque alla sottostima della demenza o a una diagnosi tardiva di casi per lo più già conclamati e avanzati. Inoltre, la mancanza di strumenti appropriati per la valutazione delle funzioni cognitive può ostacolare la valutazione dei soggetti appartenenti a culture diverse dal paese ospite. Infine, si potrebbe verificare un ridotto accesso ai trattamenti, alle risorse sanitarie e al supporto sociale dopo la diagnosi".

 


Torna alle notizie di sanita / nazionale