Dentisti Sidp, per cura parodontite farmaci non bastano
Dentisti Sidp, per cura parodontite farmaci non bastano

Lo confermano le ultime Linee Guida della Federazione europea di Parodontologia 

Si rafforza il rapporto tra odontoiatra e farmacista alla luce delle nuove Linee guida, recentemente pubblicate dalla Federazione Europea di Parodontologia, che confermano che non esistono farmaci che da soli possano curare la parodontotite. I trattamenti realmente efficaci sono infatti il controllo della placca batterica e nei casi più gravi la terapia chirurgica, mentre i farmaci utili sono soltanto antibatterici e antibiotici che devono essere prescritti dall’odontoiatra. Lo sottolineano in una nota gli esperti della Società italiana di parodontologia e implantologia (Sidp), in vista della Giornata mondiale dei farmacisti del 25 settembre.

In attesa di nuova opportunità di trattamento, "il supporto del farmacista diventa perciò fondamentale per la salute orale del paziente in quanto può aiutarlo nella gestione dei farmaci raccomandati dallo specialista e nella scelta di prodotti come spazzolini e dentifrici per un’adeguata igiene orale", continuano gli esperti. "Purtroppo, come confermano le linee guida recentemente pubblicate dalla Federazione Europea di Parodontologia, non esistono farmaci efficaci per la cura della parodontite - osserva Luca Landi, presidente Sidp – Questa patologia infiammatoria, che riguarda 8 milioni di italiani, deriva da uno squilibro batterico nel cavo orale che la risposta immunitaria non riesce a contrastare. La terapia non chirurgica di eliminazione del biofilm di placca batterica è perciò il primo passo per tenere sotto controllo la progressione della patologia, che nei casi più gravi invece richiede un trattamento chirurgico".

Tuttavia, "senza un adeguato controllo domiciliare della placca batterica da parte del paziente non si può arrivare alla guarigione dei tessuti né alla stabilizzazione del disturbo gengivale: ecco perché è indispensabile una stretta alleanza con il farmacista, che può aiutare il paziente nella scelta dei presidi di igiene orale come spazzolini e scovolini interdentali e di prodotti come dentifrici e collutori, che contengono principi attivi specifici per la prevenzione e la terapia di infiammazione gengivale, carie e ipersensibilità dentale. Il farmacista, figura di riferimento fondamentale per i cittadini, può diventare così complice e motivatore del paziente nel supportarne la salute e gli stili di vita", continua Landi.

"Per il controllo farmacologico della placca batterica su può usare l’antibatterico clorexidina, che riduce l’infiammazione gengivale – riprende Landi - Somministrata in sciacqui orali per un periodo di tempo limitato, oppure applicata localmente nella tasca parodontale attraverso appositi chips, rappresenta un presidio farmacologico efficace, da utilizzare in associazione alla terapia di rimozione meccanica della placca. Anche l’applicazione locale di alcuni antibiotici nelle tasche parodontali sembra dare buoni risultati, che vengono mantenuti nei 6-9 mesi successivi al trattamento; l’uso degli antibiotici sistemici invece è raccomandato solo in alcune categorie di pazienti e va scoraggiato su ampia scala per evitare lo sviluppo di antibiotico resistenze".

La ricerca scientifica sta studiando possibili terapie aggiuntive utilizzando farmaci impiegati comunemente nella cura di altre patologie, che non agiscano solo contrastando la proliferazione dei batteri ma anche rinforzando la risposta immunitaria dell’organismo. "Sono state valutate alcune statine, generalmente usate per il controllo del colesterolo, applicate localmente in forma di gel per la loro proprietà anti-infiammatoria, di sostegno ai tessuti e alla vascolarizzazione – riferisce Landi – Si stanno testando poi i probiotici, microorganismi in grado di ristabilire l’equilibrio dei batteri che popolano le tasche parodontali, e anche i farmaci anti-infiammatori non steroidei, la metformina impiegata nel controllo glicemico del diabete, i bifosfonati, prevalentemente usati per la terapia dell’osteoporosi. I risultati degli studi tuttavia non sono sufficienti a raccomandarne l’utilizzo".

 


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