Covid, in reparti Medicina interna adesione di massa a vaccinazione
Covid, in reparti Medicina interna adesione di massa a vaccinazione

Prima dose per il 95% 

Medici e infermieri dei reparti di Medicina interna hanno detto sì, in massa, al vaccino anti-Covid. Il 99% dichiara di aderire alla campagna, il 95% ha già assunto la prima dose. Fra i pochi che ancora non si sono vaccinati, il 23% non l'ha fatto per difficoltà organizzative aziendali, solo il 9% per scelta personale. Ancora pochi, solo il 12%, i sanitari che hanno effettuato un test sierologico per rilevare la presenza di anticorpi dopo la vaccinazione: due su tre l'hanno fatto dopo la prima dose, uno su tre dopo la seconda e tutti hanno sviluppato anticorpi. Il quadro emerge dall'indagine condotta dalla Fadoi, la Federazione dei medici internisti ospedalieri, che hanno assistito nell'anno pandemico oltre il 70% dei pazienti Covid.

A rispondere è stato un campione rappresentativo di 1.022 operatori sanitari, dei quali il 60,2% dirigenti medici, il 24,6 infermieri, il 6,3% specializzandi. Tra i dirigenti medici il 58% afferisce all'area di Medicina interna.

Il 20% degli intervistati ha già contratto il Covid: il 73% ha avuto sintomi che non hanno però richiesto il ricorso al ricovero, necessario invece per il 7%. Ma le conseguenze dell'epidemia non si misurano solo in termini clinici, bensì anche psicologici. Il 58% è preoccupato per sé e i propri cari anche solo se si tratta di uscire di casa. La preoccupazione per presente e futuro è avvertita dal 55,9% degli intervistati, che nel 45,5% dei casi accusa un senso di isolamento. Non solo. Prova ansia e irritabilità il 49,3% dei sanitari, difficoltà di concentrazione il 19%, difficoltà di memorizzazione il 12,5%.

"L'ampia adesione alla campagna vaccinale del personale sanitario e dei medici internisti in particolare non mi sorprende - commenta Dario Manfellotto, presidente di Fadoi - perché conferma il senso di responsabilità con il quale in questo anno di pandemia abbiamo garantito l'assistenza al 70% dei ricoverati Covid, cercando al contempo di non far mai mancare il supporto agli altri malati". Ora, sottolinea, "è importante e necessario che parta un programma di sorveglianza fra i sanitari vaccinati, per dosare e monitorare nel tempo la risposta immunitaria degli operatori, e il rischio di infezioni o reinfezioni, al di là dei progetti di ricerca già previsti".

Prima di accettare il vaccino (nel 99% dei casi quello Pfizer), quasi tutti si sono documentati, nel 78,8% dei casi attraverso articoli scientifici, nel 22,7% seguendo webinar dedicati. Il 51,4% si è affidato alle opinioni di colleghi esperti, il 20,3% a media e social.

Chi si è vaccinato nel 72,7% dei casi lo ha fatto per proteggere la propria salute o quella dei propri cari (77,2%). Ma sono numerose anche le motivazioni 'altruistiche', come voler proteggere i pazienti (65%) o favorire il ritorno alla normalità (57,6%). Gli effetti collaterali del vaccino contro Covd-19 si sono avuti nel 37% dei casi, ma limitati quasi sempre a sintomi come dolore nel sito dell'iniezione (15%), malessere generale (10%), astenia, mialgie e artralgie, generalmente in forme lievi. Irrilevante l'intensità delle altre reazioni come febbre, tachicardia o, peggio, sincope.

 


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