Tumori: se lui fa come la Jolie, da uro-oncologi 'no' a bisturi preventivo

Esperti Siuro da Congresso Firenze, e no a screening genetici di massa 

Milano, 10 giu. (Adnkronos Salute) - "No allo screening genetico di massa e alla chirurgia preventiva su organi sani, per evitare di ammalarsi di tumore". Dopo la notizia del manager inglese che ha confessato di essersi fatto asportare la prostata, rivelazione diffusa pochi giorni dopo il 'coming out' dell'attrice Angelina Jolie che ha fatto lo stesso con il seno, arriva una netta presa di posizione dalla Società italiana di urologia oncologica (Siuro), riunita al Palazzo degli affari di Firenze per il suo XXIII Congresso nazionale. Gli uro-oncologi italiani intervengono "per evitare anche nel nostro Paese il rischio di pericolose e inutili emulazioni".

"E' vero - conferma Giario Conti, presidente Siuro - le ultime ricerche hanno dimostrato che l'alterazione, tramite mancate riparazioni del Dna, del gene Brca 2 nel maschio aumenterebbe il rischio relativo di sviluppare il tumore alla prostata di 9 volte circa rispetto alla popolazione normale. Tendenzialmente i tumori dovuti ad alterazioni genetiche sono più aggressivi, più veloci e danno più facilmente origine a metastasi. Ma a differenza di quello che accade per il tumore al seno e alle ovaie dove la probabilità è molto alta ed esistono dei percorsi medici precisi, per il tumore della prostata le conoscenze attuali non sono assolutamente tali da garantire la correlazione tra l'alterazione dei geni e l'insorgenza del tumore".

Secondo gli esperti, inoltre, "il test genetico va richiesto solo per coloro che hanno in famiglia diversi casi di tumore aggressivo della prostrata, ossia quando c'è una forte familiarità e si sospetta la presenza di uno di questi due geni". (segue)

(Adnkronos Salute) - "La presenza di un'anomalia genetica non rappresenta la certezza di sviluppare il tumore della prostata - prosegue Alberto Lapini, presidente del Congresso Siuro - e non giustifica in alcun modo una scelta così radicale qual è l'asportazione della prostata".

Tanto più che, sottolineano gli uro-oncologi, se è vero che nell'ultimo decennio il carcinoma prostatico è divenuto il tumore più frequente nella popolazione, la mortalità continua a diminuire. In Italia un uomo over 50 su 16 è a rischio tumore prostatico. Oggi sono circa 217 mila gli italiani che convivono con la malattia e il numero di nuovi casi è in continua crescita, con un +53% negli ultimi 10 anni dovuto soprattutto all'aumento dell'età media della popolazione. Tuttavia, oltre il 70% dei malati sopravvive dopo i 5 anni dalla diagnosi, grazie a una maggiore prevenzione, a nuove terapie e farmaci di ultima generazione.

"Non bisogna quindi creare allarmismi e farsi prendere dalla paura", raccomanda Conti. "Ogni caso va preso in considerazione singolarmente. L'asportazione di una prostata sana è incomprensibile e non condivisibile - assicura - L'eccesso di precauzione è dannoso e rischia di esporre a indesiderate conseguenze di operazioni perfettamente evitabili".

 


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