Sanità: 5 mln italiani con vescica iperattiva, 300 mln l'anno per pannoloni

 

Roma, 14 nov. (Adnkronos Salute) - In Italia sono oltre cinque milioni, come l’intera popolazione del Lazio, i pazienti che soffrono di vescica iperattiva, cioè di urgenza minzionale scarsamente controllabile: il 60% donne e il 40% uomini. Una vasta parte del Paese che vive una condizione patologica invalidante, ma troppo spesso misconosciuta e sottovalutata anche dal Servizio sanitario nazionale che, salvo che in casi limitati, non prevede percorsi terapeutici e riabilitativi né la rimborsabilità dei farmaci per le cure. Contro una stima di 300 milioni di euro (il 70%) spesi per i presidi passivi. Se ne è parlato nel corso di un incontro a Roma promosso dalla rivista di politica ed economia sanitaria Italian Health Policy Brief (www.ihpb.it) e dall’Associazione d’Iniziativa Parlamentare e Legislativa per la salute e la prevenzione.

E' emerso "il forte disorientamento del cittadino colpito da questa patologia, ad alto rischio di essere sottoposto a trattamenti talvolta inadeguati e con il conseguente ritardato accesso alle cure che spesso è la causa principale del suo aggravamento e del frequente fenomeno della co-morbilità: infezioni urinarie, dermatiti. A questo si aggiunga il fatto che l'Italia è l'unico Paese nel quale non è previsto il rimborso totale o parziale dei più moderni farmaci per il trattamento della vescica iperattiva", sottolineano gli organizzatori. "La non rimborsabilità di questi farmaci – ha sottolineato Giulio Del Popolo, presidente della Società Italiana di Urodinamica (Siud) – orienta spesso medici e pazienti verso prodotti più economici, caratterizzati da maggiori effetti collaterali o, più di sovente, verso i presidi, assorbenti o dispositivi per il cateterismo rimborsati dal Servizio Sanitario, anche se con diversi criteri tra le diverse regioni e le diverse Asl. Questo approccio non consente un trattamento precoce, esponendo i pazienti al rischio di complicanze nel lungo termine".

La Finco (Federazione italiana incontinenti) stima in 300 milioni di euro la spesa per questi presidi passivi; una somma che "potrebbe essere alquanto ridotta a fronte di un più facile accesso alle terapie farmacologiche più moderne", sottolineano gli esperti.

 


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