Salute: l'indagine, lavoro, vita quotidiana e umore 'minati' dall'artrite

Studio in 42 Paesi, ancora troppi ‘buchi neri’ in conoscenza e gestione malattia 

Madrid, 11 giu. (Dall'inviata dell'Adnkronos Salute Margherita Lopes) - Lavoro e carriera, ma anche normali attività quotidiane, umore, hobby e persino i rapporti con gli altri sono 'minati' dall'artrite reumatoide. Una sorta di 'ruggine' che, nei giorni neri, rende pesanti movimenti come fare le scale o prendere una penna in mano. A fotografare il vissuto e le conoscenze dei pazienti è la più grande indagine mai realizzata finora, condotta su 10.171 malati in 42 nazioni, Italia inclusa, e presentata da AbbVie oggi a Madrid, alla vigilia di Eular 2013. Una survey dalla quale emerge come, nonostante a parole la malattia sia piuttosto conosciuta da chi ne soffre, spesso da anni, troppi 'buchi neri' rischiano di comprometterne la gestione.

Se il 70% degli intervistati (per lo più donne, con un'età media di 49,8 anni) giudica la propria malattia 'controllata', il 57% lamenta un'influenza negativa nelle capacità di svolgere semplici attività quotidiane, il 51% un peggioramento dell'umore generale e il 41% difficoltà sul lavoro e ostacoli per la carriera. Problemi giudicati gravi dal 52%, mentre il 33% punta il dito su frequenti assenze dal lavoro. Non solo: per il 40% dei pazienti l'artrite reumatoide ha ostacolato persino la capacità di dedicarsi agli hobby e per il 37% ha impattato sui rapporti con partner, famiglia e amici. Questo anche perché, se il 54% giudica eccellente o soddisfacente la propria gestione della malattia, ben il 61% pensa erroneamente che la mancanza di dolore segnali che il 'nemico' è sotto controllo. E ancora: il 46% non si rende contro che il danno causato è irreversibile e solo il 52% ha messo in campo un piano di gestione della malattia.

Con questo tipo di pazienti il 'dottor Google' non ha molto successo: per gli intervistati la prima fonte di informazione sono i medici, seguiti dalle associazioni. Ma bisogna dire che si tratta di persone che hanno ricevuto già da tempo la diagnosi. C'è poi la questione dell'isolamento: l'88% è convinto che chi non ne soffra o non abbia un familiare colpito, non riesca a capire che cosa comporti questa malattia. Non a caso il 70% ne parla principalmente con il reumatologo, il 59% con parenti e amici (39%), ma solo il 14% con colleghi o datori di lavoro. E ancora: l'87% ha fiducia nelle raccomandazioni del medico sulla gestione della malattia. L'obiettivo principale degli intervistati è doppio: trovare sollievo dal dolore (79%), ma anche prevenire un ulteriore danno articolare (72%). (segue)

(Adnkronos Salute) - "L'indagine ha messo in luce delle discrepanze tra conoscenza e gestione della malattia - nota Peter Nash dell'Università del Queensland, in Australia - Ho trovato sorprendente osservare che molti pazienti sono consapevoli della natura grave e progressiva della malattia, ma solo il 56% può contare su un piano di gestione ad hoc".

Secondo Nash, "è chiara la necessità che malati e medici collaborino per sviluppare una strategia a lungo termine per il controllo dell'artrite reumatoide. In assenza di ciò questa malattia può provocare, nel tempo, la distruzione dell'articolazione, portare a disabilità e a perdere il lavoro".

Oggi esperti e pazienti hanno evidenziato l'importanza di un coinvolgimento maggiore dei pazienti nella gestione dell'artrite reumatoide. "E' interessante vedere alcune delle mie esperienze attraverso lo sguardo di oltre 10 mila pazienti", conclude Claire Kinneavy, già direttore di Arthritis Ireland e coinvolta nella survey. "Più si conosce, più si ha la sensazione di poter controllare" il nemico.

 


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