Sanità: la 'spending review' dei nefrologi, raddoppiare dialisi a casa

La sfida della Sin, tagliare del 40% in 5 anni costi oggi pari a 2,35 mld l'anno 

Milano, 5 ott. (Adnkronos Salute) - Dialisi a casa, magari monitorata a distanza via webcam dall'ospedale, e ritardata di un anno in tutti i casi in cui sia possibile farlo. Di fronte ai numeri e ai costi della terapia filtra-sangue, necessaria ai malati gravi di insufficienza renale per poter sopravvivere, i medici nefrologi studiano la loro 'spending review' intelligente. Un piano che da un lato migliorerebbe la vita ai quasi 50 mila italiani in dialisi, in crescita al ritmo di 9 mila all'anno, e dall'altro abbatterebbe del 40% in 5 anni i costi attuali della dialisi. Spese pari a 50 mila euro l'anno per ogni dializzato, per un totale di 2 miliardi e 350 milioni. Un salasso per le casse del servizio sanitario, ancor di più in tempi di crisi. E così, per razionalizzare il sistema senza penalizzare i malati, la Società italiana di nefrologia (Sin) lancia la sfida: raddoppiare il numero di nefropatici che fanno la dialisi non in ospedale (emodialisi), bensì a domicilio (dialisi peritoneale).

Il punto da cui partono gli esperti Sin, impegnati fino a domani a Milano per il 53esimo Congresso nazionale della società scientifica, sono i dati - in crescita - delle malattie renali. Nel nostro Paese ne soffrono in qualche forma circa 13 milioni di persone, di cui 5 milioni in modo serio, con una riduzione significativa della funzione dei reni. I pazienti in dialisi sono oltre 45 mila, contro i 37 mila di 10 anni fa (+22%). E considerando l'invecchiamento progressivo della popolazione, il trend è destinato a proseguire. Fra l'altro, proprio a causa dell'aumento dell'aspettativa di vita, oggi l'identikit dell'italiano in dialisi è cambiato: l'età media è 71 anni e i pazienti sono sempre più spesso 'complessi', cioè abbinano alla malattia renale anche altre patologie come diabete o problemi di cuore. Il che significa un impatto ancora più pesante per il Ssn.

Ed ecco la parola d'ordine: 'deospedalizzare' chiunque possa essere trattato a casa. "Gli studi ci dicono che la dialisi peritoneale potrebbe essere fatta sul 20-30% dei pazienti, con punte del 40% nel caso di malati appena entrati in dialisi. Invece oggi in Italia siamo fermi al 9%" in media, spiega Giovambattista Capasso che, proprio in occasione del summit milanese, succede a Rosanna Coppo come presidente della Sin. I dializzati a domicilio potrebbero dunque quadruplicare, ma per ora i nefrologi si accontentano di meno: "Nei prossimi 5 anni ci proponiamo di raddoppiare, dal 9% al 18%, l'utilizzo della dialisi peritoneale", annuncia Capasso. (segue)

(Adnkronos Salute) - "Per un paziente nefropatico - spiega Capasso - essere sottoposto a dialisi peritoneale invece che a emodialisi significa entrare in ospedale ogni 30-60 giorni, invece che passarci 4 ore 3 volte a settimana". Non è tutto. "La terapia domiciliare garantisce un minore stress emodinamico, un buon controllo dell'anemia e un minor rischio cardiaco, non necessita di accesso vascolare e protegge la funzione renale residua". Inoltre "si integra meglio con la quotidianità del paziente e della sua famiglia, ed è psicologicamente molto più accettata. Infine, piccolo particolare non trascurabile, costa il 30-40% in meno rispetto all'emodialisi ospedaliera". Calcoli confermati sul campo. "Ce lo dimostrano un'esperienza condotta in Sicilia - precisa il presidente - e un'altra in Piemonte" dove a distanza di un anno i dati mostrano come, grazie a un contributo che la Regione dà ai pazienti, è aumentato il numero di terapie domiciliari e sono scese di un terzo le spese per la sanità pubblica regionale.

In generale, oggi la dialisi a domicilio è sottoutilizzata in tutta Italia. Ma scorrendo lungo lo Stivale, il quadro appare molto variegato. Accanto a regioni più virtuose come Abruzzo, Liguria, Lombardia, Marche e Veneto, con percentuali di dializzati a domicilio superiori alla media nazionale (il Veneto tocca il 20%), ci sono realtà opposte come Lazio, Puglia, Sardegna e Trentino Alto Adige (il Trentino è al 5% e la Sardegna al 6%). La fotografia dimostra insomma che c'è ancora molto da fare, ma secondo gli esperti ne vale la pena: "Alla luce dei vantaggi che la deospedalizzazione della dialisi offre al paziente in termini di qualità della vita, e al sistema sanitario in termini di risparmi", il nuovo numero uno dei nefrologi italiani invita le Regioni ad applicare la dialisi peritoneale "in maniera più incisiva".

Anche perché un grande aiuto arriva dalla nuove tecnologie digitali. Fra le rivoluzioni che Capasso prospetta per il prossimo futuro, infatti, c'è l'applicazione della telemedicina alla dialisi: "E' la teledialisi, ossia la dialisi peritoneale monitorata a distanza da un infermiere, grazie a una connessione fra la postazione dove il paziente fa il suo trattamento domiciliare e l'ospedale di riferimento. Basta pochissimo, è sufficiente una semplice webcam". La 'videodialisi' è stata applicata per la prima volta e con successo in Piemonte, nella Struttura operativa complessa di nefrologia, dialisi e nutrizione clinica dell'ospedale di Alba (Cuneo), diretta da Giusto Viglino. (segue)

(Adnkronos Salute) - Capasso è convinto che l'esperienza di Alba sia facilmente esportabile e si candida a 'importarla' per primo a Napoli, dove è ordinario di nefrologia alla Seconda università, dirige il Dottorato di scienze nefrologiche e la Scuola di specializzazione in nefrologia, ed esercita al Policlinico. "Dal punto di vista clinico la videodialisi permette un trattamento più mirato e adattabile alle condizioni del paziente", afferma l'esperto. "Durante il collegamento, infatti, l'infermiera rileva il peso, la pressione, gli edemi, eventuali infezioni peritoneali, l'orifizio del catetere e la glicemia nei diabetici". In questo modo anche molti malati 'difficili' potrebbero essere trattati fra le mura di casa. "La miniaturizzazione del sistema, ma soprattutto la disponibilità di connessioni wireless a banda larga, potrebbero ampliare di molto l'utilizzo della teledialisi", è convinto lo specialista.

Ma per risparmiare sulle spese sanitarie, evitando nello stesso tempo terapie invasive ai malati, i nefrologi individuano anche altre strade. La prima è quella della diagnosi precoce, da percorrere insieme ai medici di famiglia. Il progetto di alleanza sarà ufficializzato lunedì 8 ottobre in Senato e si basa sulle Linee guida disponibili da gennaio, elaborate in collaborazione fra l'Istituto superiore di sanità e la Sin, con altre 12 società scientifiche tra cui la Società italiana di medicina generale (Simg). Si tratta di identificare già nell'ambulatorio del medico di famiglia i pazienti più a rischio di malattia renale (ipertesi, diabetici, obesi, persone con precedenti familiari, o con anomalie a reni o vie urinarie) e di sottoporli a controlli periodici con test di routine, curandoli se necessario con farmaci ad hoc e monitorando l'aderenza alla terapia e i suoi risultati.

"Non è più accettabile - dice Coppo, presidente uscente della Sin e direttore di Nefrologia, dialisi e trapianto pediatrico all'ospedale Regina Margherita di Torino - che il 45% di chi oggi entra in dialisi non sa perché ci arriva: nel 22% dei casi la diagnosi è addirittura ignota, e in un altro 23% si riferisce a una malattia vascolare non meglio identidicata. Una situazione che ora possiamo superare mettendo in rete medici di famiglia e nefrologi, anche con diabetologi, cardiologi e geriatri". Non solo. "Negli ultimi 2-3 anni è emerso che, mantenendo i pazienti sotto un rigorosissimo controllo nefrologico, è possibile rimandare la dialisi", osserva Francesco Pizzarelli, segretario Sin e direttore di Nefrologia all'ospedale S.M.Annunziata di Firenze. "Se un tempo il trattamento scattava quando la funzionalità renale crollava al 10-12%, oggi è possibile aspettare fino a una funzionalità residua del 5-6%". La terapia conservativa è particolarmente vantaggiosa per pazienti fragili, donne e over 75, e promette un ulteriore boccata d'aria per le casse della sanità pubblica: "Ritardare anche solo di un anno l'ingresso in dialisi vuol dire risparmiare 450 milioni".

 


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