Parkinson, meno farmaci grazie all'esercizio fisico intensivo
Parkinson, meno farmaci grazie all'esercizio fisico intensivo

All'ospedale di Gravedona (Co) 30 giorni di riabilitazione con protocollo 'Mirt' 

Passeggiare, allacciarsi le scarpe, vestirsi o anche semplicemente alzarsi dal letto possono diventare attività quotidiane estremamente difficoltose per il malato di Parkinson, sempre più rallentato dall'incedere della patologia. Ma per contrastare questa progressione si può intervenire sul riapprendimento del movimento automatico: è la strategia del neurologo Giuseppe Frazzitta, che all'ospedale Moriggia-Pelascini di Gravedona e Uniti (Como) attua un percorso riabilitativo innovativo, basato proprio su questo approccio, che migliora la qualità di vita e riduce l'assunzione di farmaci.

"Si chiama 'Mirt' (Multidisciplinar Intensive Rehabilitation Treatment) - spiega l'esperto all'AdnKronos Salute - e prevede l'utilizzo di tecniche e strategie aerobiche e cognitive, prendendo in considerazione tutti gli aspetti della malattia di Parkinson e tutte le problematiche che un paziente può incontrare".

Frazzitta, che a Gravedona dirige il Dipartimento di neuroriabilitazione e Parkinson, precisa che "il progetto non si limita solo alla riabilitazione motoria: interveniamo anche con un aggiustamento della terapia farmacologica e valutiamo gli aspetti della deglutizione, della fonazione e dell'alimentazione. Non sono esclusi gli aspetti di tipo psicologico. Il percorso è intensivo - sottolinea - e il ricovero dura mediamente 30 giorni. In Italia siamo l'unico Centro che attua questo protocollo".

"Il paziente - prosegue lo specialista - si sottopone dal lunedì al venerdì a 5 sedute riabilitative: un trattamento 'front-to front' col fisioterapista; un trattamento con uso di diverse apparecchiature che permettono il riapprendimento implicito del movimento; un trattamento di terapia occupazionale per migliorare l'autonomia nella vita quotidiana; un trattamento logopedico e un approccio di tipo cognitivo con neuropsicologo. Il sabato si fa un'ora di esercizio con le apparecchiature, la domenica è giornata di riposo".

"Tra le varie possibilità messe a disposizione dei pazienti - aggiunge Frazzitta - abbiamo l'idroterapia; una realtà virtuale tra le più moderne e un nuovissimo tapis roulant che associa al tappeto una musica studiata appositamente per i pazienti con 'freezing', per migliorare questo disturbo del cammino. Stiamo sperimentando la tecnica insieme ai colleghi della New York University e dell'Università di Stoccolma".

Al termine del trattamento intensivo cosa accade? "Diamo a tutti i pazienti un percorso riabilitativo finalizzato e specifico da continuare a casa in autonomia - precisa il neurologo - e ogni 6 mesi nei nostri ambulatori effettuiamo dei controlli in modo da valutare il quadro clinico, motorio e cognitivo del paziente, valutando di volta in volta se necessita o meno di un nuovo trattamento. Le richieste sono altissime: in questo momento abbiamo circa 6 mesi di attesa per un primo ricovero, e circa 16 mesi per un rientro".

Quali sono i benefici evidenti dopo i 30 giorni di ricovero? "Possiamo dire che tutti presentano un miglioramento clinico, la cui percentuale dipende molto dalla partecipazione del paziente al trattamento stesso", puntualizza Frazzitta, che ribadisce come i risultati raggiunti siano stati validati da studi scientifici: "Un nostro recente studio pubblicato sul 'Journal of Neurology, Neurosurgery, and Psychiatry' dimostra che a 4 mesi di distanza dal trattamento riabilitativo i pazienti presentano ancora un notevole miglioramento della loro qualità della vita".

"Abbiamo inoltre dimostrato attraverso studi pubblicati su 'Neurorehabilitation and Neural repair' come l'approccio riabilitativo abbia un'azione di tipo neuroplastica: il trattamento intensivo porta alla produzione di proteine che si chiamano 'grow factor', in particolare di 'Bdnf', una proteina che permette di creare nuovi neuroni e di migliorare la funzionalità del cervello. Abbiamo scoperto che il funzionamento clinico dei nostri pazienti è legato con l'aumento plasmatico di queste sostanze", sottolinea.

"Questo tipo di approccio al Parkinson rallenta l'evoluzione dei sintomi motori e cognitivi della malattia, permettendo di ridurre l'uso dei farmaci", ricorda Frazzitta, che ribadisce come la possibilità di diminuire l'assunzione dei medicinali sia un aspetto importante per la qualità di vita del paziente, perché permette la riduzione degli effetti collaterali e delle complicazioni causate dai farmaci. "Tuttavia - osserva - in Italia purtroppo i neurologi hanno poca esperienza riabilitativa, e l'approccio alla malattia è esclusivamente farmacologico. Un approccio non più funzionale, poiché le nuove scoperte hanno ampiamente dimostrato che questa non è solo una malattia del sistema dopaminergico, ma coinvolge tutti i sistemi neurotrasmettitoriali. Quindi - conclude - non abbiamo al momento terapie farmacologiche efficaci, in particolare per i disturbi del cammino, della postura e dell'equilibrio, che sono i più invalidanti per questi pazienti".

 


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