Ricerca: Garattini, in Italia abbandonata e umiliata

'Caso Stamina e bufera su test animali sono alcuni risultati' 

Milano, 11 feb. (Adnkronos Salute) - Il caso Stamina, così come certi estremismi nelle proteste contro la sperimentazione animale, sono "esempi di come in Italia la ricerca sia stata abbandonata e umiliata. Intesa come una spesa e non come un investimento necessario al progresso del Paese, e non sufficientemente comunicata al grande pubblico". E' la riflessione di Silvio Garattini, direttore dell'Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano, in occasione della laurea honoris causa in Chimica e tecnologia farmaceutiche ricevuta oggi dall'università degli Studi di Milano, durante la cerimonia di inaugurazione dell'anno accademico 2013-2014.

"E' un riconoscimento che ho molto apprezzato", spiega lo scienziato all'Adnkronos Salute. Nonostante la laurea in Medicina a Torino, "considero la Statale di Milano la mia casa, la mia università, dove sono stato prima studente e poi aiuto prima di iniziare l'avventura 'Mario Nagri'". Durante la relazione nell'affollata Aula magna di via Festa del Perdono, "ho voluto richiamare il mondo dell'accademia, tutti gli enti di ricerca e le organizzazioni non-profit che se ne occupano - invita Garattini - a riprendere delle responsabilità nel campo dello sviluppo dei farmaci. Stiamo vivendo un periodo di relativa confusione, in cui il malato va rimesso al centro".

Ma il 'riscatto' della ricerca in Italia passa anche da una divulgazione corretta al grande pubblico: oggi "da un lato i media non sanno sempre distinguere fra le varie voci - osserva lo scienziato - e dall'altro noi ricercatori non sempre siamo capaci di far capire ai cittadini cosa stiamo facendo. Oppure, per paura di diventare impopolari, alcuni evitano di prendere posizioni". (segue)

(Adnkronos Salute) - Insieme alla laurea ad honorem, dopo la cerimonia Garattini ha ricevuto in regalo dal rettore della Statale di Milano Gianluca Vago un dolcevita bianco. Il suo capo d'abbigliamento più amato, ormai un segno di riconoscimento.

Ma perché questa scelta di look? Più che un vezzo o una 'coperta di Linus', "è essenzialmente una questione di praticità", svela lo scienziato. "Trovo che il dolcevita sia un indumento molto comodo", spiega. "Sta bene con tutto e non richiede di essere stirato, requisiti molto importanti in un mestiere in cui ci si muove molto e si ha sempre la valigia in mano. Non sono certo nato in dolcevita - sorride il farmacologo - ma saranno almeno 30 anni che lo porto".

 


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