Sanità: protesi seno Pip, in Francia 7.500 rotture e 3 mila danni registrati

 

Roma, 10 dic (Adnkronos Salute) - La vicenda delle protesi per il seno difettose in Francia, le ormai note Pip, è ancora lontana dal concludersi, nonostante la condanna 4 anni di prigione per Jean-Claude Mas, fondatore della Pip (Poly Implant Prothese), con l'accusa di frode da un tribunale di Marsiglia. Sono infatti 300 mila le donne in tutto il mondo - sotto controllo o rioperate per l'espianto - a cui sono state impiantate queste protesi riempite di un gel industriale al posto del tradizionale silicone ad uso medico. Un prodotto a rischio tumore: una vera bomba ad orologeria per le donne impiantate che, anche se rioperate, dovranno rimanere sotto controllo per anni.

Solo in Francia secondo gli ultimi dati dell'Agenzia dei prodotti per la salute (Ansm), le rotture di protesi registrate (con fuoriuscita di gel nocivo) sono 7.500 e 3.000 gli effetti indesiderati riportati. L'Agenzia francese ha identificato un legame certo di 8 casi di tumore e due morti fortemente sospette, ma la rilevante platea di pazienti fa temere, nel tempo, numeri assi più elevati. I rischi più temuti sono quelli di rottura, risultata più frequente che in altre protesi, con il rilascio di componeti nocive nell'organismo e danni che vanno dalla 'semplice' infiammazione a rischio cancro a reazioni metaboliche gravi, senza contare i problemi estetici della rottura. Tutto questo aveva portato nel 2011 il ministero della Sanità d'Oltralpe, che già aveva ritirato le protesi dal mercato nel 2010, a lanciare un inedito appello a farsi rioperare alle 30 mila donne francesi rioperare per togliere le protesi pericolose.

Ma l'incredibile vicenda delle protesi difettose ha una storia lunga e 'campanelli' d'allarme rimasti spesso inascoltati. La Poly Implant Prothese di Jean-Claude Mas, negli anni 2000 fabbricava 100 mila protesi all'anno ed era uno dei maggiori produttori mondiale. Ma già nel 2000 la Food and Drug Administration aveva mandato all'azienda una lettera di avviso per gravi difetti dei prodotti a base di liquido salino il cui involucro risultava poco solido. Successivamente, nel 2005, in Gran Bretagna furono depositate numerose querele per rotture di protesi ed effetti collaterali che costarono all'azienda una condanna a risarcire 1,4 milioni di euro. Ma lo scandalo vero e proprio è scoppiato solo dopo, nel 2010, quando la Francia ha ritirato le protesi da mercato e costretto l'azienda alla chiusura. Un'inchiesta delle autorità sanitarie aveva infatti rilevato, oltre ad involucri di qualità pessima, anche un processo di fabbricazione inappropriato. Ma soprattutto gli esperti avevano scoperto che il gel era fabbricato con ingredienti non sempre rintracciabili. In particolare un olio di provenienza industriale mai testato sugli esseri umani. (segue)

(Adnkronos Salute) - Ma la liquidazione dell'azienda non è l'ultimo atto. Il fronte giudiziario si apre con la choccante decisione del governo francese di invitare le donne a cui sono state impiantate protesi Pip a farsi rioperare. Da allora più di 2.200 francesi hanno fatto ricorso alle vie legali e oltre 10 mila persone hanno chiamato il numero verde messo a disposizione delle autorità francesi.

Contro la Poly Implant Prothese - il patron Jean-Claude Mas e alcuni dirigenti - si è aperto un processo amministrativo e uno penale, quest'ultimo concluso oggi con la condanna a 4 anni per Mas. Sul piano civile - vista anche l'impossibilità della Pip, ormai liquidata, e dei suoi dirigenti di risarcire le pazienti - le vittime hanno chiamato in causa, con successo, l'organismo certificatore tedesco Tuv Rheinland che aveva garantito la qualità dei prodotti e dei processi di fabbricazione. Il tribunale per il commercio di Tolone - circa un mese fa - ha condannato Tuv Rheinland a risarcire, per ora, ogni vittima con un minimo di 3 mila euro, in attesa di perizie individuali. L'organismo leader mondiale del controllo di qualità è stato chiamato in giudizio civile da sei distributori e più di 1.600 donne che si erano sottoposte all'impianto delle protesi, risultate poi riempite con silicone industriale.

I sei distributori - un bulgaro, un brasiliano, un italiano, un siriano, un messicano e un rumeno - hanno chiesto in sede civile 28 milioni di euro. Mentre le pazienti reclamano 16 mila euro ciascuna, considerando che la frode non sarebbe stata possibile con controlli seri. Ispezioni regolari (obbligatorie una volta l'anno) avrebbero dovuto permettere di individuare le anomalie delle protesi.

 


Torna alle notizie di medicina / chirurgiaplastica