Bellezza: 99% chirurghi rispetta divieto minorenni ma allarme registro protesi

Aicpe, se ci fosse nuovo scandalo Pip l'Italia sarebbe impreparata 

Roma, 1 ott. (Adnkronos Salute) - Seno 'nuovo' prima della maggiore età? Non in Italia. Il divieto di operare ragazze minorenni entrato in vigore l'anno scorso viene infatti rispettato da oltre il 99% dei chirurghi plastici, secondo un sondaggio effettuato da Aicpe (Associazione italiana di chirurgia plastica estetica) su 255 specialisti: ne emerge che, in tutto il 2012, è stato eseguito un solo intervento di mastoplastica additiva per fini estetici in una paziente minorenne, e che in questo caso la motivazione, consentita dalla legge, era la presenza di gravi malformazioni e conseguente disagio psicologico.

Il 99,6%, dunque, assicura di non aver mai 'ritoccato' una giovanissima. Una tendenza che prosegue nel 2013 anche perchè, assicurano gli esperti, le minorenni che richiedono un intervento sono comunque sempre state, già prima della legge, un numero davvero esiguo. Ma gli specialisti lamentano un problema più grave: la mancata attivazione, a oggi, del registro protesi previsto dalla stessa legge, che consentirebbe di essere preparati nel caso si dovesse verificare un secondo scandalo 'Pip', le ormai tristemente famose protesi francesi che erano state riempite con silicone industriale. La legge che ha introdotto il divieto di intervento al seno per le minorenni, con una multa ai chirurghi che lo infrangono, prevedeva infatti anche l'istituzione di un registro nazionale e di registri regionali degli impianti protesici mammari.

Entrato in vigore nel giugno del 2012, il provvedimento mirava, fra l'altro, a raccogliere proprio attraverso i fantomatici registri dati epidemiologici sulla durata delle protesi, sugli effetti collaterali, nonché sull'incidenza di tumori mammari e malattie autoimmuni. "Ma questi registri non sono mai stati attuati - denuncia all'Adnkronos Salute il vicepresidente dell'Aicpe, Mario Pelle Ceravolo - nessun chirurgo ha avuto indicazioni in merito a uno strumento che, invece, sarebbe utile per affrontare eventuali altri scandali Pip: in quel caso, ad esempio, risultò che l'azienda aveva venduto un tot di protesi, ma poiché molti interventi erano avvenuti (e avvengono ancora oggi) in modo 'non ufficiale', senza la possibilità di tracciare i prodotti utilizzati, il numero di operazioni 'a rischio' appariva inferiore". Dai dati raccolti dal ministero della Salute in collaborazione con le Regioni risultavano infatti oltre 4.500 interventi di mastoplastica censiti in Italia con le protesi prodotte dalla ditta francese. Un dato molto inferiore rispetto al numero di protesi che risultavano commercializzate nel nostro Paese: più di 10.000. (segue)

(Adnkronos Salute) - "Il chirurgo serio - evidenzia Pelle Ceravolo - appone sempre sulla cartella clinica della paziente l'etichetta con il numero della protesi, ma nelle strutture non autorizzate o dove avvengono interventi a opera di personale non autorizzato, questo chiaramente non viene fatto. A oggi un registro ufficiale non esiste e il chirurgo plastico che impianta le protesi non deve comunicare niente a nessuno: non ci sono mai arrivate indicazioni in merito, non si sa chi lo debba gestire e chi ne abbia la responsabilità".

E se si dovesse verificare un ipotetico nuovo allarme su protesi a rischio di rottura, l'Italia "risulterebbe impreparata" come allora: fu necessario appunto avviare un censimento delle protesi Pip impiantate nel nostro Paese per poi valutare la necessità della loro rimozione. Ultima nota dolente, quella relativa a un'altra parte della legge in cui "veniva introdotta la limitazione ad alcuni specialisti - ricorda il vicepresidente Aicpe - nell'eseguire l'operazione di aumento al seno: chirurgia plastica, chirurgia generale, ginecologia e chirurgia toracica, oltre a chi potesse dimostrare di avere svolto un'attività equipollente a quella della chirurgia plastica nei 5 anni precedenti la data di entrata in vigore della legge. A parte l'assurdità di prevedere che questo tipo di intervento avvenga da parte di medici che, seppur specialisti, non hanno mai visto e studiato dal punto di vista estetico una mammella, la norma non ha avuto comunque nessuna conseguenza pratica e tutti quelli con una laurea in medicina e una specializzazione qualsiasi continuano a operare. Una normativa 'a maglie larghe', quindi, e per di più, non rispettata".

Secondo Pelle Ceravolo, "qui non si tratta di corporativismo, ma di garantire la sicurezza dei pazienti: per eseguire questi interventi occorre una specializzazione in chirurgia plastica, estetica e ricostruttiva". Non è un caso se "il 40% dei miei pazienti - conclude - mi chiede di intervenire per correggere errori di medici precedenti".

 


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