Gli esperti, terapia antialdosteronica scudo degli organi nell'iperteso
Gli esperti, terapia antialdosteronica scudo degli organi nell'iperteso

Se ne è parlato al Centro cardiologico Monzino di Milano durante l'evento formativo 'Terapia antialdosteronica: un approccio multidimensionale', realizzato grazie al contributo di Therabel 

"Oggi nel trattamento dell'ipertensione la terapia antialdosteronica è sicuramente sottovalutata, mentre bisognerebbe tenerla presente" precocemente in seconda linea "anche per il suo effetto 'scudo' sugli organi bersaglio della pressione alta: cuore, reni e polmoni". Lo sottolinea Maria Antonietta Cicoira, professore associato di Cardiologia all'università degli Studi di Verona, intervenuta al Centro cardiologico Monzino di Milano durante l'evento formativo 'Terapia antialdosteronica: un approccio multidimensionale', realizzato grazie al contributo di Therabel.

Nuovi dati sul canrenone (Luvion*), in fase di pubblicazione, ne dimostrano l'efficacia e la sicurezza nell'indicazione per cui è approvato: trattamento aggiuntivo in pazienti con ipertensione essenziale, non più controllati dalla terapia di prima linea a base di Ace-inibitori o sartani più diuretico tiazidico.

"Si tratta di una famiglia di farmaci in commercio da anni, efficaci e sicuri - spiega Piergiuseppe Agostoni, responsabile dell'Area di cardiologia critica dell'Irccs meneghino, e professore ordinario di Cardiologia all'università Statale del capoluogo lombardo - Sono attivi sulla regolazione degli elettroliti a livello renale e presentano una peculiarità unica: una riduzione del processo di fibrosi, associata a una diminuzione del collagene, con effetti favorevoli sulla meccanica di cuore, reni e polmoni malati. Per questo negli ultimi 10 anni il loro impiego nei pazienti con scompenso cardiaco è aumentato dal 10% al 50% circa. E in futuro è destinato a crescere ulteriormente".

Definiti anche risparmiatori di potassio, i farmaci antipertensivi antialdosteronici non provocano ipopotassemia e permettono di abbassare la proteinuria: "Un fattore chiave - evidenzia Francesco Locatelli, primario emerito del Dipartimento di Nefrologia e Dialisi dell'ospedale Alessandro Manzoni di Lecco - da tenere a bada nel paziente con problemi renali", nei quali si verifica fra l'altro "una progressiva situazione di sclerosi" che l'effetto antifibrotico di questi medicinali permette di contrastare.

Benefici complessivi che anche i medici di famiglia dovrebbero considerare, rilevano Cicoira e Locatelli: "Un follow-up con esami ematochimici regolari, da eseguire periodicamente a seconda delle condizioni cliniche del paziente, permette di tenere sotto controllo e di gestire in tranquillità eventuali situazioni di iperpotassemia".

Va evitata "la contemporanea assunzione di antinfiammatori non steroidei (Fans), supplementi di potassio o sali dietetici", precisa Cicoira. E "in presenza di un evento acuto come febbre, diarrea o vomito la terapia va sospesa", puntualizza Locatelli. Semplici accorgimenti, concludono gli specialisti, che si possono tradurre in salute per i pazienti ipertesi e i loro organi vitali, nonché in risparmi per il Ssn.

 


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