Ordine medici, 'persi quasi 370 colleghi, ora morti azzerate da vaccino'
Ordine medici, 'persi quasi 370 colleghi, ora morti azzerate da vaccino'

'Pagato prezzo altissimo, no a narrazione sbagliata su cure a casa, milioni di persone trattate dai loro dottori' 

"Gli italiani continuano a fidarsi dei propri medici, così come cresce anche la fiducia nel Servizio sanitario nazionale. Sono cose parallele. Oggi in maniera inequivocabile stiamo affrontando degnamente la pandemia grazie allo sforzo che i professionisti fanno e questo nonostante abbiamo vissuto un lungo periodo di tagli, di difficoltà nella sanità, con disuguaglianze mai colmate, nonostante il blocco del turnover e nonostante i professionisti siano pochi, non sufficienti. Ci siamo rimboccati le maniche. E la professione ha pagato un prezzo altissimo: 370 morti. E' stato un periodo drammatico e anche questa narrazione", secondo cui i cittadini in piena emergenza Covid non sono stati adeguatamente seguiti dai loro medici di famiglia "è veramente ingiustificata: milioni e milioni di persone sono state trattate a casa e non certo da qualche altro se non dai propri medici". E' la riflessione del presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici (Fnomceo), Filippo Anelli.

Il leader dei camici bianchi italiani, in occasione di un evento promosso da Egualia, organo di rappresentanza dell'industria dei farmaci generici equivalenti e dei biosimilari, ha ricordato i pericoli affrontati dai medici di famiglia, che hanno continuato nei momenti più bui delle prime ondate di Covid-19 a occuparsi dei loro assistiti. "Con grande difficoltà - ha aggiunto - perché una delle carenze più importanti è stata la sicurezza: non sono stati messi in condizioni di opportuna sicurezza per svolgere bene la loro professione. Ora siamo molto più tranquilli - ha spiegato - perché abbiamo dimostrato che il vaccino funziona: dopo marzo, cioè dopo due mesi dalla seconda dose, la curva dei decessi per quanto ci riguarda si è praticamente azzerata".

Lo spunto per la riflessione di Anelli è arrivato da un'indagine presentata al convegno, condotta nel mese di giugno da Swg, su un campione di 4.534 persone maggiorenni residenti in Italia. Tema: il rapporto degli italiani con la salute. Dall'indagine emerge che è cresciuta la fiducia "verso un approccio scientifico della medicina e della cura", ha spiegato il direttore di ricerca Swg, Riccardo Grassi. Ma anche verso i medici: il 62% degli intervistati, infatti considera il proprio medico come la più affidabile fonte di informazioni, il 46% un medico specialista e il 26% il proprio farmacista.

Il 58% degli intervistati si definisce piuttosto attento alla propria salute (+5% rispetto al 2018), mentre diminuisce di 12 punti percentuali il dato di chi considera la salute una questione di equilibrio tra corpo e mente (34% contro il 46% del 2018). Tra gli intervistati rimangono prevalenti atteggiamenti che imputano la buona o la cattiva salute più a fattori esterni (predisposizione genetica 46%, inquinamento 34%) che ai propri modelli di comportamento (30%).

Il 50% degli intervistati - in particolare over-64 - dichiara di effettuare regolarmente esami diagnostici di controllo, ma risulta in deciso calo – probabilmente per effetto pandemia - il numero di chi fa visite regolari visite dal medico di famiglia (20% contro il 26% del 2018). Fra i disturbi riferiti come i più comuni, sono in crescita stanchezza e affaticamento (62%, contro il 52% del 2018), dolori osteo-articolari (47%; 34% nel 2018), insonnia (47%; 39% nel 2018). Fastidi che il 31% degli intervistati ha risolto ricorrendo all'automedicazione, mentre il 29% ha consultato il medico di famiglia.

In un'epoca in cui si parla spesso di fake news, medici e farmacisti restano un faro. Internet però rappresenta un riferimento chiave per un intervistato su tre (35%). Cresce la fiducia verso il sistema sanitario pubblico (72% contro il 63% di dicembre 2019). Più nello specifico i medici specialisti godono della fiducia del 90% del campione, seguiti da Mmg (81%), farmacisti (79%) e ospedali pubblici (78%). La fiducia verso gli assessorati regionali si ferma al 50%, mentre quella verso il ministero della Salute raggiunge il 60%, così come per le aziende farmaceutiche (60-61%).

Quanto ai medicinali, "i rejector dei farmaci rispetto al 2018 sono scesi dal 12% al 9%", segnala Grassi. Denso di zone grigie il rapporto con i generici: "Tre quarti degli intervistati dichiarano di avere ben presente cosa si intende quando si parla di farmaci generici o equivalenti (75%), il 90% riconosce che il generico/equivalente costa meno, ma solo il 34% è certo che sia identico al farmaco di riferimento". Una incertezza di fondo che porta il 29% del campione ad acquistare spesso farmaci generici, un 40% ad acquistarli occasionalmente e un 31% a non acquistarli o ad acquistarli solo di rado. Nel processo di scelta il ruolo dei medici e dei farmacisti appare centrale, alle loro indicazioni si affidano due intervistati su tre.

A frenare oggi i potenziali consumatori sono abitudine (26%) e diffidenza (22%). La tendenza a scegliere un farmaco equivalente o un farmaco di marca cambia anche in funzione del tipo di medicinale che si deve acquistare: il 61% degli intervistati acquisterebbe sicuramente un antidolorifico o un antinfiammatorio 'equivalente', solo il 35% un anticoncezionale.

 


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