Ricerca: primo modello cellulare umano di fibrillazione atriale
Ricerca: primo modello cellulare umano di fibrillazione atriale

Studio italiano tra Milano e Brescia 

Generato per la prima volta un modello cellulare umano di fibrillazione atriale. Un risultato ottenuto da ricercatori italiani tra Milano e Brescia, riprogrammando cellule del derma - prelevate a due fratelli appartenenti ad una famiglia affetta da una forma di fibrillazione atriale non trattabile farmacologicamente - in cellule staminali. La fibrillazione atriale, ricordano i ricercatori, è l’aritmia cardiaca più comune che colpisce l’1-2% della popolazione mondiale, percentuale che sale a oltre il 15% dopo gli 80 anni ed è una delle principali cause di ictus, insufficienza cardiaca, morte improvvisa e morbilità cardiovascolare nel mondo.

Oltre all'età, altri fattori concorrono all’insorgenza della fibrillazione atriale, tra questi la predisposizione genetica: avere infatti un parente di primo grado affetto da tale patologia, aumenta significativamente il rischio di svilupparla. La ricerca è stata portata avanti dal laboratorio di Riprogrammazione cellulare dell'Università di Brescia, sotto la guida di Patrizia Dell’Era, e dal PaceLab dell’Università degli Studi di Milano, sotto la guida di Andrea Barbuti e Mirko Baruscotti, in collaborazione con altri centri nazionali e internazionali. Nel lavoro, pubblicato su 'Cardiovascular Research', i ricercatori spiegano le tappe della ricerca.

Una volta 'trasformate' in staminali, infatti, le cellule pluripotenti sono state differenziate in cellule cardiache e si è potuto così dimostrare che le cellule cardiache di questi pazienti presentano grosse alterazioni nella funzione di due proteine (canali ionici di calcio di tipo L e canali 'funny') che le rendono più aritmiche, cioè malate, rispetto a cellule analoghe ottenute da persone sane.

Nello studio viene anche mostrato che il trattamento delle cellule con il farmaco Ivabradina, un bloccante del canale funny già utilizzato nel trattamento dell'angina e dello scompenso cardiaco, riduce alcune delle alterazioni elettriche legate alla patologia, almeno in questo caso specifico di fibrillazione atriale. "Per questo caso di fibrillazione atriale è stata confermata una base genetica. Ci aspettiamo che ulteriori ricerche possano ampliare lo studio dei meccanismi di insorgenza della malattia e proporre nuove opzioni terapeutiche in un’ottica di medicina personalizzata" concludono gli autori dello studio, realizzato grazie al sostegno di Fondazione Cariplo.

 


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