Il Rapporto, al Sud 10% ha rinunciato a visita specialistica
Il Rapporto, al Sud 10% ha rinunciato a visita specialistica

Nel 2015 passano da 3 a 5 le Regioni che non rispettano i Lea, nonostante il sistema di affiancamento dei ministeri competenti 

Il numero di italiani che hanno rinunciato a una visita specialistica negli ultimi 12 mesi, secondo l'Istat, è cresciuto tra il 2008 e il 2015 dal 4% al 6,5%. Il fenomeno è ancor più accentuato Al Sud, dove a rinunciare è il 10,1% rispetto al 6,6% nel 2008. A ricordare i dati è il rapporto dell'Osservatorio civico sul federalismo in sanità, edizione 2016, presentato oggi da Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato.

I cittadini pagano i tagli delle prestazioni a carico del Ssn. Nel 2015 passano da 3 a 5 le Regioni che non rispettano i Lea, nonostante il sistema di affiancamento dei ministeri competenti: a Molise, Calabria e Campania, che versa in condizioni di particolare criticità (da un punteggio di 139 nel 2014 a 106 nel 2015), si aggiungono Puglia (da 162 del 2014 a 155 nel 2015) e Sicilia (da 170 nel 2014 a 153 nel 2015). Anche fra le Regioni che garantiscono i Lea, le discrepanze sono notevoli: si va da un punteggio di 212 (la soglia di sufficienza è 160) della Toscana a 170 della Basilicata.

Non solo. A Lea e servizi critici corrispondono livelli di tassazione Irpef più alti e le Regioni inadempienti sui Lea, a eccezione della Calabria, hanno aumentato l'Irpef. Nel 2015 si oscilla tra i 620 euro per contribuente del Lazio ai 460 di Campania e Molise, ai 360 della Toscana, ai 300 del Veneto, sino ai 270 della Basilicata. Rilevante l'aumento dal 2013 al 2015 in Lazio (470/620), Piemonte (410/510), Liguria (360/ 400). Regione che vai, ticket che paghi: nel 2016 si va dai 32,9 euro procapite della Sardegna ai 96,4 della Valle d'Aosta, passando per i 60,8 del Veneto, secondo i dati della Corte dei conti. Ma le Regioni con quote procapite di finanziamento più basse, punteggi Lea più critici e livelli Irpef più elevati, sono anche quelle con una spesa privata procapite più bassa, e un tasso di rinuncia alle cure più alto. Un'"iniquità sotto gli occhi di tutti", evidenzia il Tdm: la spesa privata di Campania e Sardegna ammonta rispettivamente a 304 e 354 euro annui, contro i 798 della Valle d'Aosta e i 781 della Lombardia.

"Serve subito un programma di azione - afferma Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva - per il contrasto alle disuguaglianze in sanità che aggredisca la questione del profondo rosso per il diritto alla salute al Sud; per la riduzione delle iniquità che attraversano tutto il nostro Paese, nelle Regioni benchmark e non, dalle periferie urbane alle aree interne. Serve un piano che abbia obiettivi, azioni, tempi precisi e un sistema di monitoraggio, condiviso tra Stato e Regioni, con il coinvolgimento delle organizzazioni civiche e dei professionisti socio-sanitari".

"L'Italia, infatti, continua ad essere spaccata in due - prosegue -aumentano le Regioni che non sono in grado di rispettare i Livelli essenziali di assistenza, nonostante l'affiancamento dei ministeri preposti. Aumenta l'incoerenza tra il livello di qualità e accessibilità ai servizi e il livello di tassazione, i Piani di rientro hanno prodotto effetti dal punto di vista economico ma in troppi casi non hanno centrato l'obiettivo della riqualificazione dei servizi. E' evidente che così le cose non possono più andare avanti. Se da una parte si potrebbe pensare ad una eventuale nuova riforma costituzionale che parta dal basso, restituendo centralità all'effettività del diritto alla salute dell'individuo in ogni territorio del Paese in una competizione positiva tra Stato e Regioni, anche se i tempi potrebbero essere lunghi, dall'altra è doveroso capire subito se e cosa si può mettere in campo oggi, a normativa vigente, per intervenire su situazioni di iniquità che esistono nel Ssn. In altre parole, serve subito un programma di azione", sollecita Aceti.

 


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